Hanno impiegato una manciata di minuti per reperire quelle armi. Una pistola, un mitragliatore, colpi in canna, micidiali armi da guerra per vendicarsi di un presunto affronto subìto pochi minuti prima. Eccoli in sella alle moto, fare ritorno in piazza Cattaneo, a pochi passi dalla pasticceria più accorsata del comune di Sant’Anastasia. Non sono ancora le dieci di mercoledì notte, orrore puro: una decina di colpi, una sventagliata di mitra, che investe quasi per intero una famigliola, all’interno della gelateria: ferita alla testa la piccola Assunta, che ha soli 10 anni, che viene colpita da un proiettile che si conficca all’altezza dello zigomo, mentre mangiava il gelato. Viene portata in ospedale al Santobono, dove è stata sottoposta a due interventi chirurgici. È fuori pericolo, ce la farà, assicurano i medici.
Ma ce n’è anche per i genitori di Assunta: la mamma e il padre vengono feriti di striscio e condotti in ospedale, in una corsa contro il tempo avvelenata dal panico per le condizioni della figlia. È andata meglio al più piccolo della famiglia, un bimbo di soli sei anni, fratellino di Assunta, rimasto miracolosamente illeso. Tragedia sfiorata, momenti di terrore anche per gli altri clienti della gelateria di Sant’Anastasia, che due sere fa era zeppa di bambini con le loro famiglie. Primavera di sangue alle porte di Napoli, scattano le contromosse in sede investigativa, grazie al lavoro dei carabinieri della compagnia di Castello di Cisterna e del comando provinciale di Napoli, sotto il coordinamento del pm anticamorra Antonella Serio e della stessa procuratrice Rosa Volpe, ma anche della procuratrice per i minori Maria De Luzenberger.
Ieri sera è scattato il fermo del 19enne Emanuele Civita, precedenti per droga e armi, figlio del 43enne ritenuto affiliato al clan D’Avino, egemone a Somma Vesuviana. In cella con l’accusa di tentato omicidio e porto abusivo di arma. Stesse accuse mosse nei confronti di un suo presunto complice, un ragazzino di 17 anni, che avrebbe partecipato al raid: il ragazzino è orfano di padre, che fu ucciso nel 2012 da un killer del clan Cuccaro di Ponticelli. Anche il padre era ritenuto affiliato al clan D’Avino. Cresciuto nel lutto e nella logica di violenza, ieri non avrebbe avuto esitazione a sparare. Entrambi avrebbero usato una pistola e un mitra, dopo essere stati allontanati dalla zona della pasticceria, dove avevano arrecato disturbo a gestori e clienti del locale. Difeso dal penalista Antonio Sorbilli, il minorenne è stato tradotto ieri sera nel centro di prima accoglienza.
Ma torniamo alla stesa di mercoledì sera. In due fasi la scena clou: in sella alla moto, avrebbero attirato l’attenzione mostrando le armi, per poi fare fuoco verso la piazza. Almeno una decina i colpi esplosi, una pioggia di proiettili o di schegge di piombo che ha investito tre dei quattro componenti della stessa famiglia.
Una stesa a tutti gli effetti. Fuoco in aria, contro un negozio, spari ad altezza d’uomo, colpi che schizzano ovunque. Metodo camorristico, finalizzato ad imporre il proprio controllo sul territorio. Materia per il pool anticamorra, in uno scenario che ha fatto registrare comunque delle novità. In questa storia, hanno funzionato le telecamere e ha scricchiolato il muro di omertà che in genere protegge i vigliacchi armati. C’è un’immagine centrale ricavata dal sistema di videosorveglianza, che inquadra il raid da far west nella piazza principale del Paese. Ma c’è anche un altro aspetto che merita di essere approfondito: alcuni testimoni, di fronte al corpicino di Assunta riverso a terra, hanno fornito violato la regola dell’impunità imposta nelle terre di mafia. E c’è chi ha raccontato la propria versione dei fatti, fornendo alcuni particolari che hanno consentito di dare una svolta alle indagini. Ed è così che in poche ore i carabinieri sono andati a casa del 19enne, non lo hanno trovato, ma hanno comunque acquisito parti dell’abbigliamento riconducibili alla sagoma immortalata durante la scena da cow boy. In serata, il 19enne si è consegnato ai militari, ora è in carcere e in attesa della convalida del fermo.
Due ragazzini cresciuti in famiglie di affiliati al cartello egemone a Somma Vesuviana. Probabile che le armi siano state loro consegnate da qualcuno interno al clan D’Avino. Indagini in corso. Ma torniamo in ospedale, al Santobono, dove il direttore dell’ospedale Rodolfo Conenna non ha mancato di accudire parenti e genitori di Assunta. Ieri sera, l’ultimo bollettino medico: il proiettile ha leso solo la teca cranica, resta intubata e nelle prossime 72 ore di chiariranno gli esiti di altri accertamenti. A Napoli monta la rabbia per il sangue innocente versato.