I calchi degli abitanti della Pompei romana, morti sotto la cenere e i lapilli durante l'eruzione del Vesuvio del 79 dopo Cristo, sono l'attrazione principale della città archeologica. Testimoniano la morte, l'angoscia e la disperazione di chi ha tentato, inutilmente, di salvarsi. Eppure il fascino della tragedia attira i turisti. I calchi sono collocati in vari ambienti del Parco. Molti visitatori, però, non avendo molto tempo per fare il tour completo del sito archeologico, vanno via, a malincuore, senza averli visti. I croceristi, ad esempio, hanno tempi limitati. Così il direttore del Parco, Gabriel Zuchtriegel, per accontentare le migliaia di richieste dei turisti, ha fatto allestire nel Macellum, che si affaccia nel Foro, delle teche con i calchi.
Le "figure", estremamente drammatiche ed evocative del dolore vissuto nell'ultimo momento di vita, sono state distribuite nello spazio in maniera da renderne la fruizione da parte del pubblico più rispettosa: non di statue, si tratta, infatti, ma di persone. La morte negli occhi: i calchi narrano l'eruzione che distrusse Pompei. Gli scavi raccontano non solo la vita in una ricca città romana nel 79 dopo Cristo, ma anche la morte di cittadini colti nel mezzo delle proprie vite dall'onda di fuoco e di cenere del Vesuvio. I volti di questi calchi raccontano la paura, la sorpresa dell'asfissia e le ustioni. Soprattutto troviamo bambini e famiglie, i cui atteggiamenti cristallizzati ci mostrano le pose degli ultimi istanti di vita. Ci sono madri che abbracciano i figli, chi invece sembra stia pregando. Poi c'è chi ha tentato di fuggire con i gioielli, pensando di poter trovare un rifugio sicuro e ricominciare una nuova vita, lontano all'orrore che sperava di lasciarsi alle spalle.
Milioni di turisti in visita a Pompei li osservano nello spasmo della morte, nel dolore senza tempo e si chiedono se fuggivano, se hanno avuto la possibilità di ricongiungersi con i loro cari, se hanno invocato gli dei. «Alcuni per paura della morte si auguravano la morte stessa» ha scritto sempre Plinio il Giovane.
I calchi sono anche oggetto di ispirazione per poeti e artisti, tra i quali Primo Levi, con la poesia "La bambina di Pompei", e Roberto Rossellini, che dedica alla scoperta di alcuni calchi una celebre scena del "Viaggio in Italia". Molti dei calchi esposti sono stati distrutti o gravemente danneggiati dai bombardamenti del 1943, anche se il paziente lavoro di Maiuri e dei suoi collaboratori ne ha consentito un parziale recupero. Tuttavia i calchi "sopravvissuti" agli eventi bellici non trovano posto nel nuovo Antiquarium inaugurato nel 1948. Nell'ambito del Grande Progetto Pompei è stata avviata una ricognizione che ha permesso di ritrovare calchi che si ritenevamo dispersi. Inoltre è stato avviato il rilievo con laser scanner dei calchi conservati per la realizzazione, attraverso stampa 3D, di copie che si aggiungono a quelle in gesso o in resina prodotte in passato e date in prestito per mostre temporanee in tutto il mondo.