Bagnoli, il bluff della bonifica: la storia di un'agonia lunga 31 anni

Bagnoli, il bluff della bonifica: la storia di un'agonia lunga 31 anni
di Luigi Roano
Mercoledì 7 Aprile 2021, 18:24 - Ultimo agg. 7 Maggio, 08:17
6 Minuti di Lettura

È il 30 ottobre 1990 - 31 anni fa - quando viene spenta l’«area a caldo del centro siderurgico di Bagnoli». Due anni dopo l’Italsider chiude formalmente i battenti. E nel 1994 inizia la dismissione dell’ormai ex acciaieria. Sono gli anni in cui Ermanno Rea inizia a maturare la scrittura de «La dismissione», romanzo storico che arriverà in libreria nel 2002. La dismissione di Bagnoli, ovvero la mancata trasformazione urbana dell’area ex Italsider è la metafora della storia degli ultimi 30 anni della città. Una Napoli sostanzialmente immobile. Tanto che a oggi, 31 anni dopo l’ultima colata, non è stato ancora scelto il progetto definitivo per la nuova Bagnoli. A fronte di un faticoso percorso politico e amministrativo che ha portato all’approvazione di una legge dello Stato firmata dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella dove si è stabilito che a Bagnoli va ripristinata la linea di costa, dunque il ripascimento della spiaggia e la bonifica del mare. Il waterfront - dentro e intorno al quale - sviluppare il quartiere del turismo e del tempo libero e una nuova reindustrializzazione ecologica. Fatta di aziende green o a basso impatto ambientale o di startup. Tutto bene? Per nulla perché chi dovrebbe accelerare - il commissario alla bonifica Francesco Floro Flores - tira il freno e semina dubbi sul futuro: «Perché togliere la colmata a mare se ci costa 141 milioni?» il suo pensiero. Ebbene, la colmata a mare è una piattaforma di cemento che si è mangiata la spiaggia: se non la si toglie il mare non bagnerà mai Bagnoli. 

Persino Renzo Piano, il principe degli architetti, nel 1990, quando ormai la sorte della fabbrica del ferro era segnata, elaborò un progetto di riconversione urbanistica senza la colmata. Una storia tormentata quella di Bagnoli, un tormento che ruota tutto intorno al risanamento dei suoli che ancora oggi è un rebus. La bonifica mancata o sbagliata - secondo la tesi della Procura di Napoli - è il vero buco nero dell’area della ex fabbrica del ferro dentro al quale sono finiti centinaia di miliardi di lire prima e di centinaia di milioni di euro poi. Perché la nuova Bagnoli doveva essere pronta quando a battere moneta era ancora la banca d’Italia. Eppure con l’euro c’è una data chiave per Bagnoli, quella del 21 settembre del 2004 cioè a due lustri dall’inizio della dismissione della fabbrica, il Comune firma un accordo per la bonifica con la De Vizia per circa 41 milioni.

Ventisette i mesi di lavoro previsti, i primi tre per la progettazione, i restanti 24 per il risanamento vero e proprio. Il progetto prevedeva che i terreni venissero divisi in quattro aree, e il primo pezzo della nuova Bagnoli sarebbe stato il parco verde da 120 ettari. A far diventare Bagnoli il quartiere del turismo ci avrebbe pensato la Regione che avrebbe finanziato poi il progetto con circa 100 milioni. 

Video

All’epoca gli amministratori della città e della Regione, il sindaco Rosa Russo Jervolino e il governatore Antonio Bassolino, per comunicare ai napoletani che il tempo delle parole era finito ed iniziava quello dei fatti, si inventarono un balcone, un terrazzino, che da via Diocleziano si affacciava dentro l’area da bonificare, all’altezza della Torre agglomerato. Dal quale i napoletani - dotati anche di un cannocchiale - avrebbero potuto osservare il lavoro e lo stato delle opere. Una sorta di omaggio alla trasparenza e un pungolo per chi stava operando. Qualcosa in effetti fu fatto, basta pensare alla Porta del Parco, al Parco dello sport, al Pontile nord - passeggiata a mare unica più che rara - ma poi nulla è stato messo a sistema. Anzi i soldi che la Ue ci ha messo dentro per il rilancio di Bagnoli si rischia di doverli restituire. Così la gran parte dei suoli dell’ex Italsider sono un deserto dove di tanto in tanto si intravedono cantieri. L’archeologia industriale non è stata trasformata se non dalla ruggine che inizia a divorarsi anche l’ex acciaieria. 

In questi ultimi 17 anni non è stato fatto nulla di sostanziale, il panorama di Bagnoli se lo si guarda da Coroglio e da Posillipo - fatta eccezione per il mare e le isole del Golfo che ne disegnano contorni mitici - resta lunare dove gli scheletri di fabbrica dismessa sono gli unici abitanti. In questi 17 anni ci sono da registrare, purtroppo solo o quasi eventi negativi. Nel 2013 fu appiccato il fuoco a Città della Scienza, unico autentico motore di Bagnoli e a otto anni di distanza non c’è stata ancora la ricostruzione per litigi politici. Sempre nel 2013, a nove anni dall’inizio della bonifica, la magistratura sequestra i suoli per vederci chiaro sul risanamento e a oggi la tesi secondo la quale la bonifica non sia stata fatta proprio o sia stata fatta male è quella che sta dando vita a un processo dove in primo grado già ci sono state diverse condanne per gli ex amministratori. Non ci fosse stato il Covid il processo avrebbe avuto già anche il secondo grado.

Causa inchiesta nel 2014 fallisce la Bagnolifutura, siamo in piena era del sindaco Luigi de Magistris che ha accumulato ben 190 milioni di debiti. Un terzo dei quali verso la Stato cioè Fintecna - il proprietario dei suoli che vuole essere pagato - che fa partire una ingiunzione che poterà poi al fallimento della società di trasformazione urbana. Due anni dopo il premier Matteo Renzi ci si mette d’impegno su Bagnoli e fa un decreto in cui l’articolo 33 è tutto dedicato al futuro dell’area. Individua in un commissario - Salvo Nastasi che fa il grosso del lavoro e porta a casa il progetto definitivo della rinascita di Bagnoli senza colmata a mare - l’istituzione che deve fare la bonifica. E in Invitalia il soggetto attuatore dei progetti. Poi arriva Floro Flores e la sua idea di non togliere la colmata, bocciata da tutti, a iniziare dal ministro Mara Carfagna per passare a Invitalia. Il vicesindaco e assessore all’Urbanistica del Comune Carmine Piscopo è netto: «Il piano per Bagnoli è frutto di un intenso lavoro che si è sviluppato a partire dal tavolo del 2017, composto da tutte le amministrazioni statali: Comune di Napoli, Regione Campania, Città Metropolitana. Il piano ha portato alla redazione del Programma di risanamento ambientale e rigenerazione urbana (Praru) per Bagnoli-Coroglio, è stato approvato in Conferenza dei Servizi da tutte le amministrazioni statali e, successivamente, dalla presidenza del Consiglio dei ministri ed è divenuto nel 2020 un decreto del Presidente della Repubblica». Piscopo poi conclude: «Da lì in poi, Invitalia ha fatto partire i bandi di concorso per le progettazioni, le bonifiche e anche per il nuovo masterplan di Bagnoli. Il piano, dunque, esiste ed è provvisto di norme tecniche di attuazione per la realizzazione degli interventi e prevede bonifiche, rimozione integrale della colmata, 190 ettari tra parco urbano e spiaggia pubblica, valorizzazione del paesaggio marino e costiero, attrezzature collettive, servizi urbani integrati, quote di residenze e di ricettivo, spazi per la ricerca scientifica e per il tempo libero». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA