Chiaia, trafugato il dipinto della Madonna di Piedigrotta: «Così muore Napoli»

Chiaia, trafugato il dipinto della Madonna di Piedigrotta: «Così muore Napoli»
di Giuseppe Crimaldi
Sabato 27 Marzo 2021, 09:30 - Ultimo agg. 19:34
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Chissà chi, chissà quando. Fatto sta che qualcuno durante il lockdown ha trafugato il quadro della «Madonna di Piedigrotta». Dopo avere staccato il vetro che custodiva il dipinto ottocentesco, lo ha sostituito con un'altra stampa religiosa raffigurante la Madonna di Pompei. Tutto questo è accaduto nel cuore di Chiaia: a due passi da piazza dei Martiri. Ad accorgersi dell'ultima razzìa, denunciandone il furto sulla sua pagina Facebook è stato Gaetano Bonelli, giornalista, ricercatore e curatore di storia patria napoletana.

«Ero indeciso se postare o meno la notizia - conferma al «Mattino» Bonelli - poi alla fine non ho avuti esitazioni.

Perché dietro l'ultimo sfregio sacrilego non c'è solo il furto di un'opera d'arte, ma soprattutto l'indifferenza, semmai ancor più pericolosa dei predoni dell'arte».

Se non fosse stato per Bonelli, il furto non sarebbe stato mai scoperto. Passione e coraggio: nome e cognome di Gaetano Bonelli, uno dei napoletani onesti e laboriosi che da una vita cerca di raccogliere i cocci della memoria dei (distratti) napoletani. Già qualche anno fa il sacro e venerato altarino innalzato due secoli fa dalla devozione popolare fu oggetto di un furto: ignoti trafugarono una delle colonnine in marmo che faceva da cornice alla Vergine. Succede in pieno «coprifuoco» a Napoli, a due passi da quel «salotto buono» che è piazza dei Martiri. Nella generale indifferenza. L'arte sfregiata. La memoria perduta. L'icona religiosa violata. Chissà se si riuscirà mai a identificare l'autore del gesto sacrilego. Nell'attesa, Bonelli si sfoga: «Questo è solo l'ultimo di una lunga serie di episodi che dimostrano come l'attenzione e l'interesse delle istituzioni nei confronti dell'artre e della cultura, a Napoli, si sia dissolto tra proclami ed inutili promesse.

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Bonelli da 34 anni spende ogni energia cercando di preservare la memoria storica, artistica e culturale di Napoli. Lo fa in proprio: il che significa rimettendoci di tasca propria. Nel 2017 nasce l'idea di fondare un museo capace di raccogliere raccolte «demo-etnoantropologiche» attraverso ben 20 aree tematiche: il racconto della storia di una città attraverso la filosofia, lo spettacolo, la musica, la letteratura, l'enogastronomia, lo sviluppo economico eccetera eccetera. Una sfida che Bonelli ha fino a oggi sostenuto da solo: rastrellando documenti di eccezionale valore storico e artistico, rimettendoci di tasca propria senza mai ricevere una carezza dal «pubblico».

Qualche esempio: nella sua collezione esposta nel «Museo di Napoli» di Materdei (una delle mete meno conosciute e intercettate sia dai circuiti turistici che dalle visite degli stessi napoletani) ci sono i «pizzini» dei soldati in camicia rossa, i garibaldini alla conquista del Regno Borbonico; lettere inedite di Matilde Serao, come pure i più antichi carteggi del Banco di Napoli. 

Un tesoro esposto solo in parte, considerato che la «Collezione Bonelli» riesce ad occupare soltanto una sessantina di metri nella «Casa dello Scugnizzo» di Materdei. Eppure nella sua ultra trentennale attività di ricercatore e curatore di beni storici di reperti ne ha collezionati.

Ma il bilancio è amarissimo. «Oggi - conclude Bonelli - dopo aver speso in maniera totalizzante la mia vita per costruire tutto questo devo amaramente concludere che nessuno, a cominciare dalle istituzioni cittadine, mi ha dato una mano nel preservare la memoria storica della città. Una città stuprata, depredata e depauperata di tutte le sue risorse. Oggi vale più un altarino eretto ai camorristi che la preservazione di un'edicola votiva come quella trafugata a Chiaia...». 

 

Diecimila e più reperti da preservare e - in molti casi - da salvare dall'incuria del tempo e dei troppi smemorati. L'archivio di Gaetano Bonelli è immenso, ma per evitare che si disperda serve una mano pubblica capace di prendersene cura.

«Gli effetti della pandemia - conclude Bonelli - sono stati devastanti anche per chi, come noi, portiamo avanti un progetto comune di raccolta e preservazione della memoria di Napoli. Promesse? Tante. Poi, però, nessuno ha realmente offerto un aiuto concreto. Scomparsi gli enti pubblici, il mondo delle accademie, l'imprenditoria privata che pure spesso si impegna per la cultura, la storia e l'arte». Speriamo che ora qualcuno raccolga l'appello di chi si batte per tenere viva la fiamma della memoria di Napoli. 

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