Circolo Canottieri, fitti non pagati: è bufera, chiesti 50mila euro per conciliare

Circolo Canottieri, fitti non pagati: è bufera, chiesti 50mila euro per conciliare
di Antonino Pane
Lunedì 11 Febbraio 2019, 07:00
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Per ventidue anni ha occupato i locali del demanio marittimo senza pagare il canone: il Circolo Canottieri nella bufera. Il presidente e il Consiglio direttivo si sono dimessi e i soci si spaccati tra quelli che vorrebbero regolarizzare la posizione e quelli che, invece, accampano una possibile acquisizione dello stabile per usucapione. Insomma ci sono tutte le premesse per una querelle dagli strascichi giudiziari. Al centro della vicenda c'è lo stabile occupato dalla Canottieri Napoli e i giardini circostanti. Immobili che in base ad una sentenza del 1996 sono di proprietà del demanio marittimo e non del Comune di Napoli che pure vantava un diritto di proprietà. Escluse, invece, tutte le aree in concessione alla Canottieri da parte dell'Autorità di sistema portuale, per le quali sarebbero stati corrisposti regolarmente tutti i canoni richiesti. Queste aree comprendono il porticciolo, la piscina e tratti di banchine che affacciano sul mare. Ma torniamo all'Agenzia del demanio e alla causa vinta nei confronti del Comune nel 1996.
 
Un procedimento giudiziario e una sentenza a cui sarebbe dovuto seguire l'imposizione di un canone di fitto proprio verso il Circolo Canottieri che, di fatto, occupava e occupa gli spazi. Vale la pena ricordare, a questo punto, che l'edificio venne realizzato a cure e spese del sodalizio all'inizio del secolo scorso proprio sulla concessione rilascia dal re Vittorio Emanuele sull'area della colmata a ridosso di via Acton. Trattandosi però, di suo demaniale i giudici hanno ritenuto che anche l'immobile rientrasse nelle pertinenze demaniali. Tuttavia il demanio dopo la sentenza non ha mai richiesto nessun canone al punto che il Circolo ha ritenuto che l'attività sociale svolta e le costose spese di manutenzione compensassero il dovuto. Ne avrebbe potuto versare alcunché al Comune di Napoli escluso dalla proprietà con la sentenza del 1996 e, quindi, privo di legittimità così come sancito dai giudici. Gli oltre venti anni trascorsi nel silenzio totale hanno consolidato l'idea in una parte dei soci che scattasse l'usucapione del bene. Ed ecco la sorpresa.

Nel 2018 il Demanio si è fatto vivo avviando un'attiva conciliativa per i debiti progressi. Secondo cifre non ancora confermate l'Agenzia avrebbe chiesto circa 50mila euro di canone all'anno, cifra comprensiva dei canoni attuali e dei ratei per sanare gli ultimi cinque anni. Le pendenze, infatti, sarebbero attive solo per gli ultimi cinque anni in quanto quelle precedenti sono da ritenere prescritte. E su questo le due anime del Circolo di sono divise: da una parte quelli che ritengono opportuno addivenire ad un accordo pacifico con l'Agenzia del demanio in modo da perfezionare un accordo transattivo con un canone di concessione sostenibile. Dall'altro chi intende percorrere lo scivoloso percorso dell'usucapione per acquisire la proprietà del bene senza pagare nulla, neanche un euro. È evidente che questa seconda strada, qualora il Circolo fosse soccombente, produrrebbe un inevitabile default che, secondo alcuni soci, potrebbe portare addirittura alla cancellazione del sodalizio che, lo ricordiamo, ha 102 anni.

Proprio questa spaccature tra due le due posizioni contrapposte ha portato alle dimissioni del presidente Achille Ventura e di tutto il Consiglio direttivo. Nell'impossibilità di trovare un'intesa, dunque, tutto è stato rinviato all'assemblea dei soci già fissata per il prossimo 17 febbraio. Appare chiaro, a questo punto, che proprio i soci saranno chiamati ad esprimersi sulla strada da seguire è su chi dovrà interpretarla visto che sono arrivate le dimissioni prima ancora di andare in assemblea.
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