Quartieri fatti di chiese, stradine, rumori, luci ed ombre. La terza Municipalità (Stella-San Carlo) è soprattutto il Rione Sanità, che lotta da anni per scrollarsi di dosso l'etichetta del disdoro. Sono in tanti a combattere contro l'illegalità, che cercano di restare con la schiena dritta pur rischiando sulla propria pelle le reazioni scomposte della malavita. Pezzi di storie che si intrecciano una con l'altra, nella speranza che la politica un domani, dopo le elezioni, si ricordi delle anime belle che vivono alla Sanità, a Capodimonte, fino ad arrivare ai Colli Aminei.
Una delle figure senz'altro più carismatiche, che da sempre combatte in prima persona, quotidianamente, nel Rione Sanità è don Antonio Loffredo. Don Antonio è uno di quelli che vive il quartiere e che parla con i suoi fedeli. Sa bene quali sono le necessità della Sanità. «Mancano, come in tutta la città, ancora i servizi essenziali: la differenziata e i trasporti.
Una delle leve sulle quali puntare per risollevare la Sanità è senz'altro quella del turismo, come ha ricordato don Antonio Loffredo. «Ci sono cose che diciamo da tempo e che riguardano la qualità della vita del Rione Sanità. Tre elementi importanti: la pulizia delle strade, il decoro urbano e mobilità e trasporti». Così Enzo Porzio, responsabile comunicazione Catacombe di Napoli della cooperativa La Paranza. Sul tema del turismo incalza: «Sulle Catacombe di Napoli è stato fatto un lavoro enorme ed è un tema a noi particolarmente caro. Credo che da un punto di vista generale e strategico basti poco per intervenire ed ottenere un risultato straordinario». In che modo? «Avere una visione strategica: basti pensare al cimitero delle Fontanelle ancora chiuso. È paradossale che in un quartiere che sta facendo del turismo e della promozione culturale la sua forza, la sua leva, un posto come quello resti serrato. Ogni giorno di chiusura è una mancata opportunità di sviluppo».
Sono anni che si parla del Museo di Totò, che dovrebbe sorgere nel palazzo dello Spagnolo, ma c'è anche un'altra realtà, quella di Casa Totò, in via Santa Maria Antesaecula, dove è nato e cresciuto il principe della risata. Luogo che potrebbe diventare un'attrattiva turistica, ma che insiste in un palazzo fatiscente e che presenta gravi problemi di staticità. Giuseppe De Chiara, proprietario di Casa Totò racconta: «Il palazzo versa in condizione gravi. In questi 20 anni in cui sono stato proprietario di casa Totò la facciata su via Santa Maria Antesaecula si è piegata verso il basso pian piano, tanto che sono saltate una serie di mattonelle. Ho fatto presente sia al condominio, che al Comune che quel posto andrebbe tutelato. Sto ristrutturando casa Totò e spero di riuscire un giorno a creare un ticket con il Museo. Sarebbe importante creare questo link per tutto il quartiere Sanità». Poi conclude: «Speriamo di scegliere il sindaco migliore e non il meno peggio».
Tra i problemi che attanagliano il quartiere c'è senz'altro quello legato alla malavita. C'è chi però non si è piegato davanti alla prepotenza dei clan. Eduardo Di Napoli, giovane imprenditore, nell'agosto del 2017 ha visto andare in fumo i suoi sogni. Il bar messo in piedi con tanta fatica è stato dato alle fiamme, per colpa del racket. «Non bisogna arrendersi dice Di Napoli e avere sempre costanza e forza di volontà. Tante volte ho pensato perché devo rimanere se non ti appoggia nessuno, se le istituzioni ti lasciano solo? A volte vuoi abbandonare tutto, ma poi alla fine ho riaperto il bar e sto aprendo un'altra attività in quel territorio, perché ci credo e perché secondo me c'è tanto potenziale». Di Napoli incalza: «L'attentato subito mi ha demoralizzato, mi è mancata la vicinanza delle istituzioni. Il Comune, soprattutto in alcune zone, sia vicino ai cittadini».