Zona arancione, a Napoli riaprono tutti i negozi ma solo per tre giorni: «Crac inevitabile»

Zona arancione, a Napoli riaprono tutti i negozi ma solo per tre giorni: «Crac inevitabile»
di Gennaro Di Biase
Domenica 27 Dicembre 2020, 23:00 - Ultimo agg. 28 Dicembre, 14:54
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Dopo l’arancione dell’antivigilia e il “rosso” di Natale e Santo Stefano - con relative strade deserte - si cambia di nuovo colore oggi, ma per pochi giorni. Scatta infatti la zona arancione per 72 ore totali, fino a mercoledì 30 dicembre. Dal penultimo giorno dell’anno fino al 3 gennaio 2021, tornerà poi il lockdown. Si teme l’assalto a dolci e regali della Befana il 4 gennaio, che sarà arancione, mentre 5 e 6 saranno rossi. Finite le feste, dal 7 in poi, le Regioni si riadegueranno ai relativi indici di contagio. Si preannuncia dunque uno shopping a singhiozzo, con i commercianti che affrontano in queste ore «perdite critiche e aumenti delle vendite online del 45% a Napoli rispetto al 2019». Prosegue la rabbia dei ristoratori, che attendono certezze sugli aiuti dalla Regione, dopo le rivolte per la chiusura imposta dall’ordinanza regionale 98. 

 


Passata insomma la breve tregua di Natale, la crisi economico-pandemica ricomincia dal punto in cui era 5 giorni fa. E il discorso vale soprattutto per esercizi commerciali che nelle feste invernali si giocano la sopravvivenza: «Anche Babbo Natale è andato in crisi - racconta Rosario Ferrara presidente del consorzio Toledo Spaccanapoli e titolare della Girandola Giocattoli - Abbiamo incassato il 40%in meno rispetto al dicembre 2019.

Le restrizioni, unite al maltempo, ci hanno massacrato. I negozi grossi hanno potuto far entrare più clienti. A rimetterci sono stati i piccoli. Inoltre queste aperture a singhiozzo del calendario non gioveranno né dal punto di vista sanitario, visto che la gente si ammasserà a comprare regali per la Befana in poche ore, né da quello del servizio che offriamo al cliente. Nel mio consorzio il 30% di negozi rischia il fallimento, sui 250 dell’area Toledo-Spaccanapoli-Pignasecca. Il cashback non ci ha aiutati. Solo 4 clienti mi hanno chiesto del rimborso. È stato un Natale di regali veloci, col mercato online cresciuto del 45% in città. Da noi hanno comprato solo quello che su Amazon non era disponibile. Facciamo appello al governo perché non ci abbandoni: tanti di noi non riescono a pagare i fornitori».

«La perdita subita è grave - aggiunge Vincenzo Vespoli, commerciante in via Scarlatti e via Epomeo. La quantità di merce venduta non copre neanche i costi aziendali del mese». «Le cose per Natale sono andate abbastanza bene, ci siamo aiutati con il sito - racconta invece Marisa Del Vecchio, titolare di Gay Odin - Siamo aperti tutti i giorni, visto che dopo diverse proteste ci hanno fatto rientrare tra i negozi alimentari per non soffrire della concorrenza dei supermercati, ma si rischia il caos della Befana. La gente comprava dolci anche la notte del 6, e tanti si concentreranno a fare spese il 4. Speriamo che i clienti, rispettando le regole, si spalmino su varie giornate». 

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A parte le difficoltà del “calendario colorato”, il bilancio di dicembre non è positivo: «Al netto delle 72 ore di zona arancione da oggi - spiegano da Confcommercio Napoli - possiamo dire che i 18 giorni di vendita disponibili a dicembre non siano serviti a far quadrare i conti di un anno disastroso. All’inizio, dal 7 in poi, c’è stata una buona risposta. Ma da domenica 20 è iniziata una parabola discendente, dovuta alla variante inglese del virus e ai disordini successivi ai blocchi del traffico dei ristoratori. I giorni più importanti, dal 20 al 23, sono stati fallimentari, con un crollo complessivo di vendite del 50% rispetto a dicembre 2019». E non si è spenta la rabbia dei pubblici esercizi partenopei, che «non hanno ricevuto notizie sui risarcimenti», aggiunge Massimo Di Porzio di Fipe. «Stiamo pensando a nuove forme di protesta - racconta Marco Varriale del ristorante Borgo Antico - perché gli aiuti della Regione dovevano essere immediati, ma non abbiamo ancora nessuna notizia». «Stiamo proseguendo con l’avvocato Angelo Pisani nella raccolta di adesioni alla class action dei pubblici esercizi dopo l’ordinanza 98 - dichiara Stefano Meer, commercialista - Abbiamo superato le 200 aziende. E chiederemo 3mila euro in media a impresa alla Regione. Abbiamo stimato che dal 20 al 24 le perdite siano state enormi: 85% in meno per la ristorazione, attiva solo per il delivery. 75% in meno per i bar, visto il caffè negato e il brindisi blindato del 24. Per le rosticcerie meno 60%, per la limitazione delle bevande d’asporto. L’incasso del 24 era di solito doppio rispetto a quello di un giorno normale».
 

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