Ha detto che non ama definirsi un «prete di strada» ma che vorrà camminare per strada per accorgersi di chi resta indietro. Dalle strade delle periferie più abbandonate, dai luoghi della sofferenza ha voluto iniziare oggi il suo ministero episcopale a Napoli ancora prima di insediarsi ufficialmente alla guida della diocesi partenopea.
Una scelta - quella dell'arcivescovo Domenico Battaglia, che succede al cardinale Crescenzio Sepe - che vale molto più di mille parole, annunciando che la Chiesa di Napoli sarà sempre di più missionaria.
La giornata di Battaglia, 57 anni, calabrese di origine ma fino al 12 dicembre vescovo della piccola diocesi di Cerreto Sannita (appena 90mila abitanti) è cominciata molto presto con una preghiera nel convento di clausura delle Sacramentine.
Ma per Battaglia l'imperativo, negli anni che lo vedranno alla guida della più grande diocesi del Sud, dovrà essere quello di riorganizzare la speranza consapevole che da oggi, ha detto nel corso dell'incontro con le autorità, «inizia un nuovo tratto di strada ed il mio desiderio più grande è quello di poterci riappropriare della capacità di sognare insieme» soprattutto in un tempo, come quello dell'emergenza Covid, che ha «finito per aumentare le diseguaglianze e con esse le tensioni sociali».
All'incontro con le autorità, oltre al sindaco di Napoli, Luigi de Magistris e al governatore della Campania, Vincenzo De Luca, erano presenti anche i ministri Enzo Amendola e Gaetano Manfredi. Battaglia ha detto che «proprio oggi qui a Napoli dobbiamo dissodare insieme, perché se davvero abbiamo intenzione di riappropriarci del sogno sappiamo molto bene che è necessario tornare a ragionare in termini di noi, dobbiamo ricominciare a ragionare al plurale».