È stata una improvvisata quella di don Mimmo Battaglia nella fabbrica della Whirlpool. Di ritorno da una visita in un'azienda di Volla, dove ha inaugurato un capannone di una nuova linea produttiva, prima di fare ritorno in episcopio, ha voluto fare una sosta a via Argine.
Qui ha trovato un gruppetto di operai che non credevano ai loro occhi quando si è materializzata la figura dell'arcivescovo. Sorpresa, facce tese, abbracci, occhi lucidi, commozione nei pochi minuti di un incontro inatteso ma denso di forti emozioni. «Avete fatto un grande gesto», gli dice Luigi quasi per rompere il ghiaccio. Le donne e gli uomini della Whirlpool sanno che don Mimmo è dalla loro parte e si stringono attorno a lui per raccontare gli ultimi avvenimenti. È notizia di queste ore che l'azienda americana ha cercato di portare via dallo stabilimento del materiale di assemblaggio delle lavatrici, contravvenendo ai patti stabiliti in sede ministeriale che prevedevano di lasciare tutto nei locali della fabbrica fino alla costituzione del Consorzio di aziende che subentrerà. Questa volta il tentativo è stato bloccato dai lavoratori, ma certamente ci riproveranno. «Qui dobbiamo alzare un muro davanti all'ingresso» continua Luigi. «Ma lo avete fatto sapere a Roma» chiede l'arcivescovo? «Certamente, ma i politici non sono più credibili». Nelle parole dell'operaio assieme alla delusione traspaiono il ricordo e la beffa di tutti gli accordi che in questi anni non sono stati mantenuti. E più gli annunci erano rassicuranti tanto più si rivelavano non veritieri.
Come quando l'allora ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio annunciò il rientro di produzioni delocalizzate all'estero che non solo avrebbero scongiurato il rischio di chiusura dell'azienda, ma avrebbero rappresentato una grande occasione di rilancio. Purtroppo le cose andarono diversamente. Gli ex lavoratori della multinazionale americana, memori degli impegni non mantenuti, oggi sono provati ed allarmati. Don Mimmo per incoraggiare i presenti chiede della raccolta solidale che gli operai della fabbrica hanno fatto per i bambini del Pausilipon. Un gesto di grande generosità che testimonia che chiunque si trovi in una situazione di difficoltà può fare qualcosa per chi è ancora di più nel bisogno. Era stato il giorno prima nell'ospedale pediatrico per incontrare e salutare tutti i bimbi ricoverati, «e ne sono uscito devastato», ha confessato. Poi strappa una promessa: «Il giorno di Natale non venite qui, ma state a casa con i vostri figli. Anche loro hanno bisogno di voi. Poi dal 26 dicembre si tornerà nuovamente a lottare».
E scherzosamente avverte che verrà personalmente a controllare. I lavoratori annuiscono, poi due donne si allontanano. Hanno le lacrime agli occhi e don Mimmo subito le nota. Quando ritornano le abbraccia e promette di fare tutto il possibile per la loro situazione. «Mi avete fatto commuovere, mi è venuta la pelle d'oca» dice un altro operaio. Dal fondo del gruppo una voce maschile chiede una preghiera. La faccio tutti i giorni, risponde Battaglia. «E se oggi sono qui - continua - è perché siete nei miei pensieri». Giunge il momento di salutarsi, le lacrime di commozione e di dolore si trasformano in lacrime di speranza. In questo Natale sospeso ed incerto, la sorte di oltre trecento famiglie resta appesa a un filo.