Francesco II di Borbone, il tradizionale ricordo del re di Napoli

Francesco II di Borbone, il tradizionale ricordo del re di Napoli
di Antonio Folle
Lunedì 27 Dicembre 2021, 21:26
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Il 2021 del Movimento Neoborbonico si è chiuso oggi con la tradizionale messa in suffragio di Francesco II di Borbone, ultimo sovrano del Regno delle Due Sicilie. Oggi pomeriggio, nella chiesa di Santa Maria della Vittoria, l'ultimo sovrano di Napoli è stato ricordato con la consueta Messa di rito tridentino officiata dal parroco don Antonio Luiso. Una tradizione, quella della commemorazione di Francesco II nella data della sua morte, che va avanti da diversi anni e che raccoglie un numero sempre maggiore di napoletani - ma anche di persone di altre province meridionali - accorsi per commemorare un re ancora oggi rimpianto e sul quale comincia lentamente a scomparire la "damnatio memoriae" a cui è stato condannato dalla letteratura risorgimentale pro-Savoia.  

La Messa è stata organizzata dal Movimento Neoborbonico e dalla Fondazione Il Giglio, con il patrocinio dell'Ordine Costantiniano di San Giorgio. Durante la cerimonia è stato letto un messaggio inviato dal Duca di Castro Carlo di Borbone, attuale Capo della Real Casa di Borbone delle Due Sicilie. «Mi riempie il cuore di gioia - il messaggio - saper riunite così tante persone, perchè è segno dell'affetto ancora vivo verso questo Sovrano che ha sempre amato la sua terra ed i suoi sudditi in maniera totale e disinteressata, sacrificando se stesso e lasciando una scia di ricordi ancora vivi nel suo popolo.

Oggi più che mai - ha proseguito il Duca di Castro - visti i tempi che viviamo, dove una pandemia mondiale sta condizionando la nostra vita, la figura di questo grande sovrano ci accompagni e ci protegga».

Alla lettura più serena e obbiettiva del breve regno di Francesco II, protagonista negli ultimi anni di un vero e proprio processo di "riscoperta", da ormai diversi mesi si accompagna il "cammino" verso gli Altari. Lo scorso anno, infatti, l'ultimo sovrano delle Due Sicilie, figlio di Maria Cristina di Savoia, a sua volta proclamata Beata nel 2014, è stato proclamato ufficialmente Servo di Dio e l'arcivescovo di Napoli Domenico Battaglia ha di recente inviato il suo assenso per l'apertura della causa di canonizzazione. 

Durante la cerimonia di commemorazione di Francesco II non sono mancati i momenti di vera commozione tra i tanti presenti. Durante l'omelia officiata in lingua latina, infatti, don Antonio Luiso ha letto alcuni passaggi del "'o Surdato 'e Gaeta", capolavoro di Ferdinando Russo del 1919 che vede protagonista un ex soldato napoletano impegnato nell'assedio di Gaeta del 1860. 

«La vita di Francesco II - ha dichiarato il presidente del Movimento Neoborbonico Gennaro de Crescenzo - può essere letta sotto tre prospettive diverse. Proprio pochi mesi fa Francesco II è stato proclamato Servo di Dio e ha iniziato il suo cammino verso la canonizzazione. Questa per tutti noi è una gratificazione importante e riconosce una verità storica per la quale ci battiamo da anni. I suoi pochi giorni di regno - ha proseguito de Crescenzo - furono caratterizzati da numerosi provvedimenti che favorirono traffici e produzione e da numerose progettazioni e costruzioni di opere pubbliche; lo stato delle finanze era ottimo, il deficit pubblico era stato riassorbito, le imposte e le tasse non erano alte, la spesa pubblica era oculata e produttiva. Francesco II rappresentava la fine di un mondo intero con tutti i suoi valori tradizionali e cristiani e quello scontro non era un semplice scontro tra due eserciti ma quello tra due mondi completamente diversi». 

Alcuni giorni fa alcune allarmanti classifiche hanno piazzato la regione Campania ai primi posti in Italia per spopolamento. Secondo l'ultimo rapporto Svimez dal 2002 ad oggi circa un milione di cittadini hanno lasciato la loro terra d'origine per "cercare fortuna" nel nord del paese. E Francesco II potrebbe presto diventare - lui che fu il primo tra gli emigranti meridionali - un simbolo per quella generazione strappata ai propri affetti andata ad arricchire dal punto di vista sociale e culturale le già ricche città della Lombardia, del Piemonte, del Veneto e della Liguria. 

«Faccio mia la bella proposta di un caro amico giornalista - ha continuato ancora Gennaro de Crescenzo - Francesco II aveva lasciato la capitale per evitare un inutile massacro. Primo dei successivi milioni di emigranti meridionali, Francesco II di Borbone morì ad Arco di Trento il 27 dicembre del 1894. Ecco: potrebbe essere bello far diventare, prima o poi, Francesco II "simbolo" se non protettore di tutti gli emigranti meridionali di ieri e di oggi».

Quando Francesco II si spense in esilio ad Arco di Trento, allora provincia dell'Impero Austro-Ungarico, era conosciuto da tutti semplicemente come "signor Fabiani". E così, semplicemente, l'ultimo monarca della dinastia fondata da Carlo III, conduceva la sua esistenza da esule. Non di rado, infatti, gli abitanti del piccolo paese arroccato sulle montagne trentine, incontravano quell'uomo dallo strano accento che passeggiava quasi sempre da solo, che rivolgeva la parola a tutti e che assisteva con passione alla Messa quotidiana, aspettando - lui che aveva posseduto il più bel regno del mondo - pazientemente il suo turno per l'Eucaristia. 

La notizia della sua morte a soli 58 anni - e dopo 34 anni di esilio - fece in breve il giro d'Europa. Nella sua ex Capitale l'ultimo re delle Due Sicilie fu ricordato con un commovente articolo di Matilde Serao apparso sulla prima pagina del Mattino: «Don Francesco di Borbone è morto, cristianamente, in un piccolo paese alpino, rendendo a Dio l'anima tribolata ma serena - scrisse Matilde Serao - giammai principe sopportò le avversità della fortuna con la fermezza silenziosa e la dignità di Francesco secondo. Colui che era stato o era parso debole sul trono, travolto dal destino, dalla ineluttabile fatalità, colui che era stato schernito come un incosciente, mentre egli subiva una catastrofe creata da mille cause incoscienti, questo povero re, questo povero giovane che non era stato felice un anno, ha lasciato che tutti i dolori umani penetrassero in lui, senza respingerli, senza lamentarsi; ed ha preso la via dell'esilio e vi è restato trentaquattro anni, senza che mai nulla si potesse dire contro di lui. Detronizzato, impoverito, restato senza patria, egli ha piegato la sua testa sotto la bufera e la sua rassegnazione ha assunto un carattere di muto eroismo. Galantuomo come uomo e gentiluomo come principe, ecco il ritratto di Don Francesco di Borbone».

Quando il primo emigrante meridionale lasciò l'esistenza terrena quasi tutte le corti d'Europa - allora l'Europa era ancora a stragrande maggioranza monarchica - presero immediatamente il lutto. Solo i Savoia, tra le corti europee, non presero il lutto e non tributarono omaggi ad un uomo che aveva saputo sopportare cristianamente l'esilio, la povertà e lo scherno dei contemporanei. 

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