Napoli, la Torretta ricorda Di Marzio:
​«Gianni era uno del popolo»

Napoli, la Torretta ricorda Di Marzio: «Gianni era uno del popolo»
di Angelo Rossi
Domenica 23 Gennaio 2022, 10:02
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Non dovevi fargli mai mancare i friarelli e gli spaghetti con i frutti di mare. A pensarci adesso, le sue parole non erano poi tanto banali. «Io questa roba a Padova la vedo con il binocolo. Quando vengo a Napoli, voglio mangiare napoletano». Gianni Di Marzio non era un turista per caso, aveva semplicemente una voglia matta di tornare a casa il più possibile. Il calcio è stato il suo mondo e parlarne nella propria città lo gratificava. «I napoletani quando vanno fuori hanno una marcia in più, fidati. Ci frega la nostalgia».

Guai a ricordargli che era di Mergellina. «Sono della Torretta» precisava: lo deliziavano i luoghi della gioventù, il culto del caffè quasi sempre al Bar Napoli di fronte all'imbarco degli aliscafi. Spiegava così la differenza tra Mergellina e la Torretta: «Mergellina è un quartiere nobile. Dire che sei della Torretta significa invece che sei sbucato dalla saettella. Io sono uno di questi». Il suo microcosmo, la Torretta di qua e via Caracciolo di là, divise da viale Elena, tassativamente chiamata così, viale Gramsci è un rifiuto per le vecchie generazioni. Mai ha lasciato il suo quartiere. Da Vini e cucina di fronte alla stazione di Mergellina lo trovavi mattina e sera, prima di trasferirsi cento metri più in là Al Sarago, in piazza Sannazaro. «Preparava le partite ai tavoli. Caricava in auto i più giovani della squadra e veniva a pranzare, ogni giorno mezzo Napoli mangiava da me». È il pensiero di Nando Pennino, il maresciallo, storico proprietario e anfitrione del ristorante preferito dagli sportivi. Fuorigrotta, ovviamente zona stadio, l'altra meta abituale. Da Gaetano, alle spalle dei Distinti, è stato un piacevole ritorno a distanza di anni: «Vengo se mi prepari qualcosa di napoletano che porterò a casa»: non si alzava da tavola senza il pacchetto che gli avrebbe fatto compagnia in treno o in aereo il giorno dopo.


Le radio e le tv il suo ponte quasi quotidiano con la piazza, le stufe di Nerone ad Agnano il luogo ideale di benessere, le terme di Ischia o la piazzetta di Capri la vacanza ideale. Napoletano come pochi, scaramantico in maniera allucinante e di una competenza assoluta: è entrato nel cuore della gente parlando di calcio con linguaggio e mimica da perfetto teatrante. «Di Marzio ha contribuito in maniera straordinaria alla storia del nostro calcio, la sua scomparsa addolora la città che lo ha sempre amato» ha scritto il sindaco Manfredi. «La nostra punta di diamante, un fuoriclasse della vita», lo ha dipinto Alfonso Quaranta, imprenditore e produttore televisivo, l'amico d'infanzia: lui di Mergellina e Gianni della Torretta. «È stato il mio numero dieci, il fantasista delle trasmissioni. A fine puntata mi diceva: Come sono andato? Ti ho servito bene?» - ha ricordato Ivan Zazzaroni, con il quale ha fatto coppia fissa prima a Canale 34 e poi a Canale 21. «Per noi è stato il maestro, i suoi aneddoti erano insegnamenti di vita» ha detto Dario Marcolin, amico di lunghe passeggiate il lunedì. Come Fulvio Collovati, la spalla preferita per improvvisati battibecchi: «Le nostre erano macchiette concordate prima, non so se per me è stato più un fratello o un secondo padre». Giornate napoletane che si concludevano alla Galleria Leone o agli chalet di Mergellina e che riprendevano al mattino al bar dell'hotel Terminus, prima di tornare a fare l'emigrante. Faceva vedere le banconote: «Se nessuno chiede il conto, offro io». Un secondo dopo le riponeva in tasca: «Tanto è inutile, a casa mia non mi lasciano pagare».
 

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