Green pass, le difficoltà dei bar di Napoli: «Controllo ai tavoli facile, meno al bancone»

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Lunedì 10 Gennaio 2022, 13:47 - Ultimo agg. 14:10
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«Al tavolino del bar è più facile controllare il green pass, più duro è il controllo al bancone del bar, a chi entra per stare tre minuti, bere un caffè e andare via». Così Ulderico Carraturo, che gestisce con suo fratello l'attività della pasticceria e bar celebre a Napoli e in tutta Italia, nata nell'800, spiega all'Ansa la prima giornata del super green pass.

«Controllare chi entra per un caffè - spiega Carraturo - è semplice se è da solo ma quando comincia la confusione di persone al bancone diventa difficile. Poi c'è chi entra per scegliere i dolci, comprare una torta, lì ci mettono più tempo e vanno subito controllati. Non è un sistema semplice».

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Carraturo vede anche un cambiamento sociale, non però apprezzato dai cittadini. «Le persone che hanno il green pass - spiega - sanno di doverlo portare con sé, di doverlo mostrare ma vivono anche un disagio interiore che rende anche il nostro lavoro più lento.

Entri, ordini un caffé, l'addetto comincia a farlo mentre un altro gli chiede il green pass, tu non riesci ad accendere il telefonino o non lo trovi nelle tasche stampato, e intanto il caffé è pronto. Insomma, al banco diventa tutto più difficile».

Più pronti con il super green pass i turisti. «Da noi vengono gli italiani - spiega - che ci conoscono e desiderano assaggiare i dolci di Carraturo. Sono molto collaborativi e pronti, perché poco prima avevano preso l'aereo, il treno e quindi sono super veloci a mostrare il green pass anche per bere un caffè». Sulla strategia del governo, Carraturo vorrebbe procedure più fluide e obbligo non solo per gli over 50.

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«Io sono favorevole al green pass e al vaccino - dice - ma l'intervento rende le procedure lunghe, si dovrebbero snellire, rendere le cose più fluide. L'obbligo agli over 50? Per me sarebbe meglio che il vaccino fosse obbligatorio per tutta la popolazione, qui da noi in laboratorio di pasticceria all'inizio qualcuno non si voleva vaccinare, poi dopo qualche mese lo hanno fatto tutti, hanno capito che dovevano farlo».

 

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