Maradona non abitava in una villa in collina e si allenava in una palestra segreta giù in cantina, dietro due porticine piccolissime e giallastre, come se il vero olimpo fosse sottoterra. Diego a Napoli ha sempre vissuto in un palazzo, il 3/1 di via Scipione Capece a Posillipo. «Occupava tutto il terzo piano - precisa Massimo Orlacchio, proprietario e abitante dell'ex casa di Diego - L'altro appartamento è di un diverso proprietario». Raccontano tanto di Maradona le parole di Orlacchio, 57enne commercialista. Raccontano che una leggenda, una semidivinità, per diventare tale deve conservare le sue fragilità umane e confonderle con i suoi punti di forza. «Si allenava in cantina - aggiunge Orlacchio - La trasformò in una palestra segreta, dopo aver chiesto il permesso a mio padre».
Diego, come Napoli, non si è mai truccato. E non si è sottratto a tanti dei suoi vicini. «Gli interni sono cambiati, ma le mura parlano ancora di lui - aggiunge Orlacchio - I tassisti ricordano ancora questo indirizzo come la casa di Maradona. Il suo soggiorno qui doveva durare poco, Diego doveva traslocare in una villa, ma la cosa non si concretizzò mai. Davanti al palazzo ci sono diverse bandiere azzurre. Metterò una targa all'esterno in sua memoria. Non so ancora cosa scriverci: Maradona era un simbolo. Trovare le parole per salutarlo è difficile». L'integrazione nel condominio non fu immediata, ma quando arrivò fu totale: «Mio cugino Stefano, oggi urologo, all'epoca studiava molto e soffriva le feste organizzate da Diego - aggiunge il commercialista - Tra le tante avventure è famosa quella con Heather Parisi. Mio cugino, visto il chiasso, una sera andò a bussare alla porta di Diego e gli aprì la soubrette. Stefano non sapeva chi fosse, se ne accorse solo quando vide le foto sul giornale. Tutto cambiò quando ci fu un problema medico per la madre di Maradona: Diego chiamò d'urgenza mio zio che abitava di sotto, il professor Vincenzo Striano, urologo, che salì a visitarla. Da allora entrammo nel mondo e nell'amore di Maradona. Da quel momento il campione del Napoli si metteva a disposizione per qualsiasi cosa. Ci regalava magliette e gadget».
Orlacchio ha tanti ricordi. «Conservo i telegrammi scambiati da Diego con Anna Oxa o Gullit. E ricordo bene la palestra. C'erano due cantine al piano interrato, e lui chiese a mio padre di abbattere un muro per farne una zona di allenamento personale: così creò una vera e propria palestra, con tanto di attrezzature e palloni. Ora uso quei locali come deposito. Spesso portavo i miei amici a vedere le auto di Diego in garage, una Rolls Royce e una Ferrari Testarossa. Visto che le lasciava sempre aperte, leggemmo i documenti nel cruscotto. La Testarossa era intestata alla Federcalcio argentina e gli era stata regalata per il trionfo in Messico del 1986. Diego sapeva che ammiravamo le sue auto. Gli faceva piacere. Quello che era suo diventava dei suoi amici. Questo dice molto della sua generosità».
Profilo Abbonamenti Interessi e notifiche Newsletter Utilità Contattaci
Logout