Napoli, l'appello di don Palmese: «Resti stadio San Paolo, Maradona va aggiunto»

Napoli, l'appello di don Palmese: «Resti stadio San Paolo, Maradona va aggiunto»
di Giuliana Covella
Mercoledì 2 Dicembre 2020, 09:33
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«Ora lasciamolo riposare in pace». Come sempre don Tonino Palmese riesce a trovare il giusto mezzo con le parole. Anche se si tratta di intervenire su un tema caldo di questi giorni. L'intitolazione dello stadio San Paolo a Diego Armando Maradona. Un mito che ancora divide. E don Tonino, salesiano, presidente della Fondazione Polis della Regione Campania e vicario episcopale del settore carità e giustizia della Diocesi di Napoli, scende in campo e scrive al prefetto Marco Valentini: «Un dolore» la cancellazione del nome di San Paolo all'impianto di Fuorigrotta, lo definisce il sacerdote, mentre propone di optare per la doppia intitolazione come è accaduto a Milano. Nella diatriba interviene anche la Chiesa di Pozzuoli, nel cui territorio diocesano ricade il San Paolo e che in una nota scrive: «Intitolare lo stadio di Fuorigrotta a Maradona può oggi essere un segno di richiamo ai valori fondanti lo sport, facendo riferimento a uno dei suoi più grandi rappresentanti e a una passione che dall'ambito puramente sportivo deve diffondersi in tutto il tessuto sociale, politico, economico della nostra terra flegrea, con particolare attenzione ai più bisognosi secondo quella generosità che fu anche del giocatore argentino».

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Perché ha scritto al prefetto?
«Essendo l'istituzione che dovrà avere l'ultima parola su questa decisione, vorrei che il discernimento venisse non dalla pancia, ma dalla storia della città.

Una decisione del genere non può essere dettata dall'entusiasmo del momento. Stiamo parlando di due piani distinti che hanno significato tanto per la città. L'uno, San Paolo, ha portato la fede. L'altro, Maradona, ha portato due scudetti. Se rappresentano entrambi due valori, mettiamoli insieme allora, com'è accaduto a Milano con il San Siro-Meazza, dove un quartiere e uno stadio ricordano il calciatore e il santo. La mia, sia chiaro, è una riflessione pacata, ma ecumenica».


Qual è il contenuto della lettera?
«Ho assistito con dolore, come con un colpo di spugna, alla cancellazione del titolo San Paolo allo stadio della nostra città per sostituirlo con il nome di Maradona. Più che giusto che Maradona (calciatore) venga onorato il meglio possibile. Mi permetto però di ricordare che San Paolo, l'apostolo delle genti venne in quel territorio per annunciare per primo Gesù morto e risorto. La mia proposta potrebbe consistere in una cosa cara anche a Diego credente: (il) San Paolo di Maradona oppure si potrebbe ovviare come a Milano (San Siro-Meazza): San Paolo-Maradona. Ho preferito questa interlocuzione con il prefetto nella speranza che si faccia chiarezza e che nessuno vanifichi la memoria di ciò che abbiamo nel nostro patrimonio cristiano».


Una scelta polemica?
«Lungi da me innescare polemiche, non entro nel merito di ciò che rappresenta Maradona per i napoletani. La mia preoccupazione maggiore è che sull'onda dell'entusiasmo si possa cancellare una tradizione religiosa e cristiana bimillenaria nata con l'apostolo Paolo che, vorrei ricordare ai credenti, annunciò la fede proprio su quei territori dove oggi sorge lo stadio».


La Chiesa di Pozzuoli, competente per territorio, ha dato parere favorevole.
«Alla luce di quanto ha espresso (Ben venga l'intitolazione, se aiuterà la crescita umana e sociale della nostra terra, purché non si perda la memoria delle nostre radici e vi siano iniziative culturali che mettano in evidenza i fondamenti greco-romani e cristiani della storia del nostro territorio), non capisco perché non si possano includere entrambi nella scelta del nome. La storia del Cristianesimo è anche condizionata dall'evento storico del passaggio e dell'annuncio che San Paolo ha proclamato in quei territori. Questa vicenda deve essere di inclusione e non esclusione, conserviamo entrambi senza omettere l'uno o l'altro».


Come giudica il fenomeno Maradona e come crede si debba ricordare?
«Il bisogno di emancipazione è innato in ogni persona. Ovviamente l'emancipazione auspicabile è di essere campione in tutto ciò che facciamo nella nostra breve esistenza. Da credente e da sacerdote sento forte nel mio cuore il desiderio di affidarlo alla misericordia di Dio e lasciarlo in pace, soprattutto ora».

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