Metropolitana di Napoli, uscita Sanità nel rifugio antiaereo

Metropolitana di Napoli, uscita Sanità nel rifugio antiaereo
di Paolo Barbuto
Martedì 9 Ottobre 2018, 07:00 - Ultimo agg. 15:40
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La procedura è giunta al momento della svolta: più di trenta progetti sono arrivati a Invitalia che sta curando la fase di selezione e che darà ufficialmente il via alla realizzazione dell'uscita Metro della Sanità. Si tratta di un'avventura affascinante e ambiziosa. Duecentocinquanta metri infilati nel tufo di Napoli collegheranno la stazione di Materdei all'incrocio fra via Fontanelle e via Sanità: più della metà del percorso si snoderà all'interno di una antica cava di tufo che durante la Seconda guerra Mondiale venne trasformata in ricovero antiaereo.
 
Al centro di questa pagina vedete una delle ipotesi progettuali per l'accesso al percorso sotterraneo. Si tratta di un ingresso piazzato esattamente ai piedi delle scale di via Telesino, l'antica «Salita Marucelli» dove i napoletani si lanciavano a precipizio al suono delle sirene d'allarme che annunciavano bombardamenti sulla città, per cercare protezione nel rifugio numero 14, il secondo più grande della città, capace di ospitare fino a 5.400 persone. Un quartiere al di sotto del quartiere.

Attraverso quelle gallerie passeranno napoletani e turisti, questi ultimi avranno un percorso decisamente più agevole per raggiungere direttamente un quartiere che ha deciso di imprimersi una svolta turistica, capace di offrire l'emozione del cimitero delle Fontanelle e quella degli ipogei greci, pronto a restituire l'emozione del mondo povero nel quale nacque Totò e di quello fastoso dei palazzi nobiliari.

In tutto il percorso sarà di 250 metri. La prima metà già scavata nel tufo a partire dal 1761 quando iniziarono i lavori per recuperare il materiale per costruire i palazzi per i nobili dell'epoca, la seconda parte tutta ancora da ritagliare ne ventre della città. Quando le gallerie avranno raggiunto il luogo dove oggi c'è la stazione Materdei ci sarà anche un dislivello di una decina di metri da risalire: in quel punto sarà piazzata una scala mobile, il resto del percorso sotterraneo, nelle idee progettuali, dovrebbe essere ricoperto da moderni tapis roulant che si srotoleranno nelle viscere della città per trasportare migliaia di persone al giorno.

L'avvio dei lavori è previsto entro il 2019 ed è stanziata una cifra di 5 milioni 430mila euro per la realizzazione totale dell'opera. Sarà necessario, innanzitutto, mettere in sicurezza la porzione già scavata nell'antichità perché i tecnici, nel corso dei sopralluoghi che si sono succeduti, hanno rilevato piccoli problemi strutturali che andranno sistemati. Poi verrà la parte del nuovo scavo che sarà un po' più impegnativa: se tutto andrà secondo le previsioni, la stazione «Sanità» dovrebbe essere aperta per l'inizio del 2023: d'accordo, a voi lettori sembra un tempo infinito ma sappiate che nel mondo dei lavori ipogei si tratta di un vero e proprio sprint per il quale occorrerà impegno massimo e costanza negli interventi.

La parte più impegnativa riguarderà la scelta del percorso migliore per collegare la stazione alla cavità già esistente. Sarà poi necessario inibire il passaggio alle porzioni della cava di tufo dove non sarà consentito il transito dei passeggeri e, particolare di non scarso rilievo, bisognerà dotare quei 250 metri di percorso sotterraneo, delle più avanzate tecnologie in fatto di sicurezza e tutela dei passeggeri.

Sarà, infine, destinata un'attenzione particolare alla trasformazione dell'uscita Sanità in una nuova «stazione dell'arte». La richiesta che è stata fatta ai trenta progettisti fra i quali, nei prossimi giorni verrà scelto il vincitore, è stata quella di provare a valorizzare la storicità stessa del luogo.

Il percorso potrebbe mantenere alla vista dei passeggeri i segni delle incisioni dei cavatori del settecento, gli aggrappi sul tufo che utilizzavano gli antichi lavoratori per scendere verso il fondo della cava. Ma, nelle previsioni, c'è anche la necessità di conservare la memoria del rifugio di guerra con la conservazione delle scritte che i napoletani degli anni 40 lasciavano sui muri per raccontare speranze e paura, e con l'isolamento delle aree «comuni», come le toilette che venivano realizzate nel ventre della città per rendere più vivibili i rifugi di guerra.
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