Napoli, assembramenti in strada e appelli ignorati: «A casa si rischia di impazzire»

Napoli, assembramenti in strada e appelli ignorati: «A casa si rischia di impazzire»
di Gennaro Di Biase
Lunedì 1 Marzo 2021, 09:03
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Un fiume di folla stanco delle restrizioni. Dopo il boom della movida del sabato sera, ieri i napoletani si sono riversati in massa in vicoli e vie per la passeggiata domenicale, nonostante l'appello del presidente regionale De Luca a «restare a casa». Passato più di un anno dalle prime chiusure, la forbice tra il palazzo e la strada, tra le restrizioni della politica e la gente, tra la corsia d'ospedale e le abitudini di vita, si è allargata fino a spezzarsi. Resta il risentimento dei cittadini, e si diffonde parallelamente al virus e alle sue varianti. Tra piazza Dante e via Toledo il traffico pedonale è da livelli pre-Covid, così come la folla da spritz diurno in via Aniello Falcone e agli chalet di Mergellina. Presenze anche in via Partenope, ben presidiata dalle forze dell'ordine. Qualche bagnante a Rotonda Diaz, e volontari dell'associazione Carabinieri che si aggirano col megafono ricordando di «tenere le distanze».

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Napoli disobbedisce in massa alle restrizioni pandemiche. Migliaia a passeggio: «Siamo esauriti - sospira Vincenzo Ferrante, seduto con sua moglie in piazza Carità - Abbiamo passato vari mesi in casa e quest'anno è difficile continuare a stare così. Si entra in depressione». «Mio marito e io non siamo giovani - aggiunge Rita De Falco, di fianco a lui - Abbiamo 70 anni e abbiamo paura del virus, ma siamo usciti a prendere un po' d'aria. Ci sono tante contraddizioni: visto che nel bar si può entrare solo per comprare i dolci, mi hanno negato l'uso del bagno». «Un'altra zona rossa ci porterebbe all'esasperazione economica e psicologica - racconta Tonia Chiantese, 24 anni - La gente inizia a soffrire di insonnia, ingrassa, si stufa di fare tutto». 

E poi aggiunge: «Dopo il lavoro, esco a prendere un po' di aria: faccio sport, pattino all'aperto, ci vediamo in strada con gli amici, ma nella consapevolezza che non si può fare nulla. Si muovano con i vaccini». Pochi riescono a fare di necessità virtù e dedicarsi a progetti e attività casalinghe, come nel lockdown del 2020. I vantaggi dello stato di eccezione sono scomparsi, lasciando il campo all'incertezza e alla crisi di volontà. La nuova chiusura dei pubblici esercizi incide ormai pochissimo sull'assenza di assembramenti: «Chi esce non comprende che in questo modo fa aumentare i contagi - osserva Massimo Sangiovanni di Mattozzi - E così facendo danneggia i ristoratori. La gente non rispetta le distanze e i ristoranti sono chiusi». Tanti paradossi, che accrescono la rabbia: «Il virus c'è e le persone escono lo stesso - dice Antonio Bersani, tassista - Stiamo lavorando pochissimo da un anno, eppure il Covid non si sconfigge.

A questo punto, mi domando a cosa serva continuare a tenere chiuse le frontiere. Se il virus circola lo stesso, almeno facciano riprendere l'economia e i flussi turistici».

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«Ci manca la libertà - sospira Assunta Ricci, in piazza Dante - Questo virus non finisce mai e ha fatto diventare i poveri ancora più poveri». «Mi manca la normalità - aggiunge l'amica Anna Palmese - Non possiamo abbracciarci, camminare in tranquillità: è passato un anno e non siamo più padroni della nostra vita. De Luca ci invita a restare a casa? E come ci manteniamo?». «Stiamo facendo una brutta vita - dice Luna Tramontano, giovane mamma - Questo non è vivere: non esistono più modi per staccare la spina dal lavoro, e le cose non cambiano. Sui vaccini, ho un po' di timori per mia figlia». La diffidenza sul vaccino non è inesistente: «Non sono per il vaccino - conclude Anna Rizzo - Esco pochissimo, comunque: faccio casa-lavoro. Ma è naturale che con le restrizioni la gente si concentri negli orari in cui è possibile uscire». 

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