Napoli: giostrine distrutte e asili negati, ecco la città vietata ai bambini

Napoli: giostrine distrutte e asili negati, ecco la città vietata ai bambini
di Gennaro Di Biase
Mercoledì 8 Giugno 2022, 00:00 - Ultimo agg. 11:30
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Giostrine massacrate, spaccate e sporche, aree verdi ingiallite, asili nido introvabili o con liste d’attesa «eterne», quasi zero campetti. La vita dei bambini, a Napoli, è dura almeno quanto quella degli adulti. Partenope è la città più giovane d’Italia, ma è ultima su 107 (dietro a Reggio Calabria, Palermo, Matera o Caltanissetta) per quanto riguarda la qualità della vita dei più piccoli, come emerso dalla classifica annuale del Sole 24 Ore dell’altro giorno. Questo dato è senza dubbio confermato nel viaggio che separa il report dalla strada. E dall’aula. Secondo l’associazione Tutti a Scuola, sono circa 2500 i bambini che aspettano, invano, l’iscrizione in un asilo. Nel 2019 erano appena 165 gli asili in città, ma il numero – sempre secondo Tutti a Scuola – è addirittura calato a causa della pandemia. 

Napoli non sarà una città per vecchi, ma non lo è neppure per i più giovani. Aree giochi transennate ovunque, non solo in periferia, ma anche nei punti più che centrali della città. Partiamo dalla Villa Comunale. Recintate dai nastri biancorossi da area interdetta, ecco le giostrine affacciate su via Caracciolo. La panchina che le precede è devastata. All’interno dello scivolo malmesso c’è una comitiva di adolescenti che approfitta del tettuccio per godersi un po’ d’ombra nella calura del pomeriggio. Nei dintorni del Mann, in fondo ai giardinetti di piazza Cavour dal lato della Sanità, l’area delle giostrine equivale all’area del deserto. I giochi sono appena due, uno dei quali, un asse di legno, è distrutto e appoggia a terra, sul pavimento dissestato. Di piccoli qui ce ne sono un paio, seduti sui muretti, intorno ai villaggi di clochard assiepati nell’area verde che porta verso il Mann. Si guardano e sorridono, poi fanno spallucce e sospirano. È il massimo che si possa fare con le attrezzature a disposizione. Altalene a pezzi anche nel Parco Urbano dei Camaldoli, chiuso per oltre il 90%. Uno spreco di attrezzature e verde urbano tra i maggiori d’Italia. Tornando in centro, a pochi metri dal gigante di Palazzo Fuga abbandonato, ci sono i giardinetti ingialliti di piazza Carlo III.

Poco più in là, tra i tavolini selvaggi dei bar che hanno invaso ogni briciolo di marciapiede, c’è una ex area di giostrine, vandalizzate, mai sostituite e ormai fantasma, di cui resta solo il pavimento ammaccato.  

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Sono «165 - spiega il presidente dell’associazione Tutti a Scuola Toni Nocchetti - gli asili in città. Secondo l’ultimo report pre-Covid, appena 8 bambini su 100 erano assistiti dall’asilo a Napoli. Ma temo che col Covid il numero delle strutture si sia abbassato. In città sono almeno 2500 i bambini senza asilo, cioè che aspettano lo scorrimento della graduatoria per avere accesso alle strutture. Ma le liste sono eterne». Chiaramente, la situazione varia da quartiere a quartiere. Al Vomero o a Posillipo, le criticità sono minori che altrove. Ma comunque ci sono: «Le municipalità manifestano fabbisogni altissimi - prosegue Nocchetti - nei quartieri borghesi la domanda di asili viene risolta in parte dalle strutture private. Nei quartieri più popolari, invece, il bambino resta a casa. E lo fa spesso con la madre disoccupata, che dunque non può cercare lavoro perché deve restare a casa a badare al figlio. Questo crea un circolo vizioso, che aumenta il peso del reddito di cittadinanza e della logica assistenziale. Questo della scuola sembra un problema isolato, ma è complesso. Non c’è istruzione senza welfare». Altro tema rilevante è quello della qualità delle strutture per i più piccoli, e il rispetto delle regole negli istituti: «Le strutture private funzionano spesso in maniera irregolare - conclude Nocchetti - Le faccio un esempio: una mamma mi ha chiamato pochi giorni fa dicendomi che suo figlio, iscritto in una paritaria di San Giovanni, all’improvviso è rimasto senza insegnante di sostegno, che ha lasciato la scuola da un giorno all’altro. Il sistema funziona male: le scuole a Napoli promettono punteggio agli insegnanti in cambio di stipendi da fame. È una regola, molto triste, di tante paritarie. E questo peggiora la qualità dell’insegnamento, perché ne disturba la continuità e incide sull’impegno del docente che, malpagato, lavora peggio. La pandemia ha sgominato la scuola. Abbiamo avuto molte segnalazioni di genitori che hanno smesso di mandare i figli in classe, lasciandoli davanti al pc per tutto il giorno. Lo stress da pandemia ha riguardato uno studente su due, a vario titolo. Tanti genitori ci segnalano che non sanno più come staccare i figli da pc o playstation. La dipendenza da Internet ha raggiunto livelli massimi per i bambini. Alcuni hanno addirittura il doppio cellulare. Oggi si regala uno smartphone in prima elementare». 

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