Napoli, la basilica del '500 trasformata in discarica dai dipendenti comunali

Napoli, la basilica del '500 trasformata in discarica dai dipendenti comunali
di Paolo Barbuto
Venerdì 16 Novembre 2018, 12:00
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L'antichissimo pozzo che era al servizio della basilica del 500, oggi è una pattumiera. In mezzo a decine di vasetti di yogurt incrostati, bicchierini usati, bottiglie di plastica e cocci di vetro, spicca il colore vivido di un assorbente igienico usato: anche quello è stato lanciato dall'alto dentro al pozzo, gettato da una delle tante finestre che lo circondano. Ognuna di quelle finestre appartiene a un diverso ufficio del Comune di Napoli per cui non c'è molto da indagare: sono i dipendenti comunali a compiere quello scempio.

Benvenuti dentro la basilica di San Giacomo degli Spagnoli, chiesa storica della città che dominava l'attuale piazza municipio prima ancora che venisse costruito il palazzo dove oggi siedono sindaco, giunta, staffisti e migliaia di dipendenti. Quando l'edificio venne edificato, la chiesa ne restò accerchiata, inglobata, e oggi paga le conseguenze di quell'accerchiamento.

Quello dove si trova il pozzo è solo un angolo nascosto della basilica. È come trovarsi al centro di un vano ascensore: un cubicolo di tre metri per tre aperto verso l'alto e su ognuno dei quattro lati affacciano le finestre di Palazzo San Giacomo.
 
C'è, però, un'altra porzione della basilica, molto più ampia, sulla quale si accaniscono gli sversatori della casa comunale: è il tetto. Lassù lo spazio per il lancio del pattume è molto più vasto, le finestre che affacciano sulla copertura sono decine, di conseguenza il degrado è immenso. E pure i danni che vengono causati alla basilica sottostante perché quell'immondizia va ad occludere i canali di scolo dell'acqua piovana che si appantana e si trasforma in infiltrazioni. Così, per anni la chiesa di San Giacomo degli Spagnoli è rimasta chiusa, aggredita da muffa, infiltrazioni, piccoli cedimenti. Adesso la basilica viene lentamente restaurata grazie alla passione dei governatori della «Real Hermandad de Nobles Españoles de Santiago» che gestisce il luogo sacro un tempo di proprietà della casa reale di Spagna, però ad ogni passo avanti nel restauro se ne compiono tre indietro per via dell'inciviltà dei dipendenti comunali che usano quel luogo sacro come discarica.

Ieri mattina nella sola, piccola, porzione di soffitto dov'è la cupola della cappella di Maria Ausiliatrice, abbiamo contato 18 lattine di alluminio, 67 bicchierini di plastica, tre bottiglie di vetro incredibilmente ancora sane, innumerevoli altre bottiglie ridotte in cocci, due boccioni in plastica da cinque litri che un tempo hanno contenuto del vino, migliaia di fogli di carta, molti dei quali con il logo ufficiale del comune di Napoli e anche una scarpa, una sola, senza compagna; tutta roba lanciata dagli uffici e dai corridoi di Palazzo San Giacomo. Adesso moltiplicate questa roba per dieci e avrete un'idea di quel che diventa il tetto della basilica di San Giacomo prima di essere ripulita come ha fatto ieri una persona incaricata dal governatore della «Real Hermandad», Landolfo Ambrogio Caracciolo di Melissano.

Non sono solo le pareti a soffrire per l'umidità e il degrado. All'interno della basilica ci sono decine di opere d'arte costantemente a rischio. Una parte dell'archivio con testi antichi è stato già ricoperto dall'acqua ed è malridotto, le tele delle cappelle sono state rimosse, restaurate e ricollocate, almeno quelle che erano nelle aree dove c'è già stato l'intervento degli operai. Ci sono, poi, opere che non potranno essere salvate. Custodito in un'armadio alle spalle dell'altare, vicino al monumento funebre di Don Pedro da Toledo, c'è un crocifisso con la statua del Cristo alla quale è crollata la testa, divorata dal marciume; conservata in un bagno c'è una statua di legno irriconoscibile perché è completamente avvolta dalla muffa. Si scorge solo il cuore di San Giacomo che porta ricamato sulla veste al centro del petto.

Quella statua è vittima di un'altra «aggressione», quella di una colonna fecale che parte dagli uffici di palazzo San Giacomo ma, prima di finire nella fognatura, lascia una traccia di liquami nella basilica perché ci sono gravi perdite dalle tubature.

Chi gestisce la chiesa si rimbocca le maniche, cerca soluzioni, mette in campo passione e amicizie per ottenere sconti sugli eterni lavori. Ma perché nessuno prova a coinvolgere il Comune? Perché non si chiedono interventi e, magari, sanzioni a chi usa la basilica come discarica? «Da due anni personalmente cerco di ottenere un appuntamento con il sindaco - allarga le braccia Caracciolo di Melissano - vorrei semplicemente chiedere di condividere il problema, da buoni vicini di casa. Ma non riesco nemmeno a parlargli».
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