Napoli capitale dei santi: trattate 112 cause, 17 le canonizzazioni

Napoli capitale dei santi: trattate 112 cause, 17 le canonizzazioni
di Angelo Scelzo
Venerdì 7 Maggio 2021, 23:30 - Ultimo agg. 9 Maggio, 10:32
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Quando Benedetto Croce, riprendendo la definizione di un arguto e bizzarro prete dell’Alto medioevo, Ariotto Mainardi, detto il “Piovano”, scrisse di Napoli come di «un paradiso abitato da diavoli» non poteva avere sottomano i dati in clamorosa controtendenza a testimoniare, invece, proprio in quegli anni e in tutto il territorio, di una fioritura di santità quantomeno straordinaria. Una forma di contrappasso alla rovescia che quasi intasò le vie di una santità che tra l’Otto e il Novecento, diffondendosi in tutto il Mezzogiorno, si concentrò in particolare nell’area del Napoletano. Soprattutto a partire da quella nutrita schiera di santi, la diocesi partenopea può oggi contare su un primato che contrasta non poco con l’immagine corrente offerta da una cronaca ordinaria piuttosto lontana da trasporti o visioni idilliache. 

Ma le cifre valgono anche per le questioni di altare. E per Napoli son queste: 112 cause di santità trattate dalla nascita nel 1588 della Congregazione competente - la Causa dei Santi - Nessuna diocesi al mondo ha dato più lavoro a quella che, comunemente, viene definita la “fabbrica dei Santi”. Dei santi e beati napoletani, senza contare ovviamente quelli antecedenti all’istituzione del dicastero vaticano, compreso il patrono San Gennaro, son pieni non solo gli archivi, ma anche gli scaffali con le pratiche ancora in corso. È interessante anche il dettaglio: 17 cause dei Santi portate a termine all’ultimo stadio della canonizzazione, 12 Beatificazioni, 37 venerabili e 46 Servi di Dio, il primo grado sulla strada della santità. Quasi tutta l’intera schiera dei Santi e beati napoletani dell’epoca segnata da forme di carità sociale che si opponevano alle misere condizioni sociali, è salita agli altari durante i pontificati della modernità, da Paolo VI a Giovanni Paolo II e quindi a Benedetto XVI e Francesco. Apparteneva a questa schiera anche il Beato Giustino Russolillo, nato il 18 gennaio 1891 a Pianura, parroco, Fondatore della Congregazione dei Padri Vocazionisti e delle Madri Vocazioniste.

Nell’ultimo concistoro, Papa Francesco ha aggiunto la figura di questo autentico apostolo delle vocazioni alla lunga sequela di santi partenopei. Non è stata ancora stabilita la data della canonizzazione, ma il posto di don Russolillo, nel novero di una santità a forte carattere sociale, è ben chiaro. Vengono in mente i nomi di Caterina Volpicelli, Giulia Salzano, Gaetano Errico, Filippo Smaldone - tutti canonizzati da Benedetto XVI - e quelli del medico santo, Giuseppe Moscati, elevato agli altari da Giovanni Paolo II, e i santi promulgati da Francesco, Ludovico da Casoria, il giovane Nunzio Sulprizio e il parroco di Torre del Greco, Vincenzo Romano. Vengono in mente soprattutto gli intensissimi rapporti che legavano gli uni agli altri, in una incessante e quasi prodigiosa catena di solidarietà che si estendeva ad altre figure di primo piano come il Beato Bartolo Longo, il quale affidò al parroco di Pianura, la particolare cura dei giovani che mostravano segni di chiamata al sacerdozio. 

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Senza mettere mai in discussione la propria, maturata fin dalla tenera età, ostacolata solo da un estremo disagio economico in famiglia, don Russolillo dedicò la propria vita a suscitare vocazioni sacerdotali in chiunque incontrasse sulla propria strada.

Non dimenticando le difficoltà personali per far fronte alla retta per il seminario, si adoperò in ogni modo per alleviarle agli altri. Non si trattava di una procedura ordinaria, tanto che si diffuse la voce che fece accorrere molti ragazzi a Pianura: «Don Giustino fa i preti senza far pagare niente».

Uomo di carità, come regalo per la sua prima Messa chiese che tutti i bambini di Pianura ricevessero la comunione. Sacerdote vicino alla sua gente con l’umiltà del buon parroco di campagna, per lungo tempo si impegnò a celebrare la messa del mattino alle 4.30 per far modo di parteciparvi a contadini e lavoratori stagionali. Formatore, ma anche uomo di azione come non poteva che essere un Fondatore. Non gli mancarono ostacoli e difficoltà che andarono a minare, per un certo tempi, anche una delle sue iniziative più singolari, la nascita di un “vocazionario” aggregato in ogni parrocchia. Abolite le rette, il “vocazionario” richiamò molti giovani da tutto il Mezzogiorno. L’opera di don Russolillo si espande, ma con essa anche i problemi. In molti non videro di buon occhio quella che sembrava «un’accozzaglia di ragazzi poveri e malnutriti, o con elementi provenienti da altre seminari e congregazioni», e magari da queste non accettati. 

Negli anni Cinquanta si profilò anche un crollo economico che portò la congregazione a un passo dallo scioglimento. È fu l’allora cardinale Montini a preparare prima il decreto di scioglimento e poi, diventato Papa, la Bolla di approvazione definitiva, accompagnandola con queste parole: «Potate si, - ma non tagliate dalle radici una congregazione che ha aiutato tanti sacerdoti». E le due famiglie religiose del parroco di Pianura hanno poi preso il volo, insieme a un istituto di vita consacrata, le apostole vocazioniste della santificazione universale. Con il cuore a Napoli, e in larga parte del circondario, a partire da Pompei, sono oggi presenti in quindici nazioni dei quattro continenti. 

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