Il Centro Direzionale di Napoli rappresenta una contraddizione vivente della vivibilità cittadina. Ogni giorno migliaia di napoletani tra professionisti e lavoratori affluiscono negli uffici e nei negozi dei suoi grattacieli per poi defluire una volta calato il sole. Quella che era stata immaginata come la City finanziaria napoletana nei sogni del progetto dell’archistar giapponese Kenzo Tange, e di una classe dirigente politica e imprenditoriale spazzata poi via da Tangentopoli, funziona in realtà come una clessidra. Dopo l’orario di ufficio, infatti, l’area – incastonata tra i rioni popolari di Poggioreale, del Vasto e dell’Arenaccia – diviene terra di nessuno, popolandosi di prostitute, clochard, disagiati di ogni tipo e degli immigrati dell’adiacente centro di accoglienza straordinaria di via Taddeo da Sessa. A ciò si aggiunge il degrado e la sporcizia, diffusi capillarmente lungo il perimetro dei 200mila metri quadri di superfice per oltre 6 milioni di cubatura. Un’opera avveniristica, progettata su due livelli, uno superiore con le sue torri, quello inferiore con i parcheggi sotterranei, alcuni dei quali inagibili, per un totale di 25mila posti auto.
Oggi, invece, è solo l’ombra del progetto originario: non appena ci si addentra lungo viale della Costituzione, ci si trova di fronte alle due “twin towers” napoletane, le cosiddette torri dell’Enel. Quella dell’isola A è desolatamente vuota. Così come vuoti sono gli uffici al piano terra della Fintecna, la società di Cassa Depositi e Prestiti in cui confluì la Mededil, la società dell’IRI che ha difatti costruito il Centro Direzionale. Mentre sono inagibili tutte le scale mobili che conducono ai parcheggi: arrugginite, con i motori divelti, una, addirittura, è stata bruciata da un incendio. L’assenza di segnaletica del problema mette a rischio l’incolumità di residenti e passanti, ma soprattutto dei ragazzini che spesso giocano lungo i vialoni. Per quanto riguardi le aree verdi pubbliche, trasformate in discariche di rifiuti e abitazioni di fortuna per i senza tetto, riassume così un residente: «La manutenzione fino al 2015 era in carico al Ge.Se.Ce.Di, il consorzio di proprietari del Centro. A seguito di una sentenza del Consiglio di Stato è passata in gestione al Comune di Napoli, nello specifico alla società partecipata Napoli Servizi. Da allora gli interventi sono rarissimi, poche volte all’anno». All’interno del perimetro l’unica cosa che sembra funzionare è il servizio di vigilanza privata, sempre a gestione consortile. Infine ci sono i lavori, a singhiozzo, del cantiere della linea 1 della Metropolitana, con il confine ultimo della cittadella economica di Napoli. Un’area, confinante con il Rione Luzzati, lungo via Ausilio, del tutto abbandonata se non dai senzatetto, che offre uno scenario da film apocalittico a due passi dal palazzo del Consiglio Regionale.
In campagna elettorale, la neopresidente della Quarta Municipalità, Maria Caniglia, ha ribadito più volte l’urgenza di una riqualificazione.
La competenza su questi luoghi spetta all’amministrazione centrale, quindi al sindaco. Il programma elettorale di Manfredi previse per il Centro Direzionale un punto ad hoc con «un piano di investimento per dare nuova potenzialità alla zona affinché i cittadini, gli imprenditori, ma anche i turisti e i giovani possano agevolmente e in sicurezza usufruire dei servizi presenti: spazi per incontri d’affari, cittadella giudiziaria, università, Regione, banche e servizi finanziari, negozi e uffici, movida, coworking, cohousing. Il Centro Direzionale - fu scritto - è già strutturato come “isola” pedonale. Migliorarne, pertanto, la vivibilità diventa presupposto essenziale per il suo rilancio». A dimostrazione che lo sviluppo di Napoli e del suo territorio metropolitano passa anche da qui.