Napoli, la chiesa di Sant'Antonio Abate va in rovina: sfregio al dipinto di Luca Giordano

Napoli, la chiesa di Sant'Antonio Abate va in rovina: sfregio al dipinto di Luca Giordano
di Paolo Barbuto
Martedì 25 Agosto 2020, 08:00
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Varchi lo strabiliante portale angioino, ti volti a destra e cerchi la Madonna delle Grazie con il bambino, affresco trecentesco riportato alla luce nel 900 dopo secoli di oblio sotto strati di pitture e stucchi: l'affresco è vivido, il bimbo che afferra il seno per cibarsi sembra quasi muoversi, l'emozione è esattamente come l'avevano descritta. Poi sollevi lo sguardo e l'emozione lascia il campo alla delusione, dopo alla rabbia, infine all'indignazione: tutt'intorno a quell'affresco l'intera chiesa di Sant'Antonio Abate è travolta da un degrado umido e puzzolente, da cedimenti e abbandono, da incuria e noncuranza.

Nella chiesa di Sant'Antonio Abate non si entra perché è pericolante. Più di cinque anni fa il tetto iniziò a mostrare segni di cedimento e la struttura venne immediatamente vietata. Sono stati fatti lavori dei quali, dal basso, non si vedono risultati apprezzabili. Poi il nulla.

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Tutto fermo e dimenticato fino allo scorso primo luglio quando la parrocchia è stata affidata a don Mario, prete saggio, capace di mettere da parte il dolore e andare avanti nella sua missione di sostegno alla gente. Don Mario s'è chiesto perché la sua parrocchia era temporaneamente ospitata nella chiesetta di Sant'Anna a Marconiglio al Corso Garibaldi, ha preso le chiavi di Sant'Antonio Abate ed è andato a vedere con i suoi occhi, trovando il disastro.

A dire la verità i fedeli della zona sapevano da tempo che c'era il disastro lì dentro e hanno cercato in ogni maniera di cambiare il corso della storia di quella chiesa, lanciando appelli, chiedendo aiuto, adesso aprendo una sottoscrizione per raccogliere denaro da investire nel recupero della struttura: «Contribuiscono commercianti, famiglia, perfino pensionati - spiega amaro Pasquale Capasso che è nato e cresciuto in quella parrocchia e vuole ad ogni costo recuperarla - appena sarà possibile entrare, dopo aver cancellato i pericoli statici, organizzeremo un grande concerto lì dentro e tanti grandi artisti di Napoli hanno già assicurato la loro presenza per raccogliere fondi».

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Don Mario osserva l'entusiasmo dei fedeli con un sorriso, spiega che non tutto è facile come sembra perché per iniziare i lavori c'è bisogno di una sinergia d'intenti fra Curia, Soprintendenza, Ministero dei beni culturali al quale si rivolge il sacerdote: «Qui c'è bisogno di interventi importanti e costosi, solo il ministro Franceschini con la sua sensibilità può decidere di intervenire».

In attesa di risposte e di svolte verso la rinascita, Sant'Antonio Abate lentamente muore. Alle pareti gli affreschi trecenteschi (di rincontro alla Madonna della quale avete già letto c'è una Crocifissione mozzafiato) vengono inesorabilmente divorati dall'umidità e anche dal guano dei piccioni che volano liberamente nell'ampia navata perché alcune finestre non ci sono più.

In fondo, alla sinistra dell'altare, si staglia il San Gennaro di Luca Giordano, uno dei pezzi pregiati della chiesa, restaurato nel 2001 e riportato nella sua casa naturale perché nessuno avrebbe pensato che sarebbe stato abbandonato. Invece quel San Gennaro si trova al cospetto di un mucchio di robaccia lasciata a marcire nella cappella a lui dedicata davanti alla quale troneggia un cestone d'immondizia bello pieno, chissà da quanto tempo. 



Gli imponenti stucchi ornamentali che segnano l'inizio del soffitto a cassettoni sono malmessi e in più punti sono venuti giù. Dalle pareti delle cappelle qualcuno ha strappato via i marmi sepolcrali dei napoletani che erano stati sepolti qui; quei marmi adesso sono abbandonati nei pressi dell'altare, uno particolarmente devastato è stato rimesso assieme da una mano pietosa, sembra un puzzle, alcuni pezzi mancano. Dietro l'altare l'accesso alla Terra Santa è stato violato. Adesso è coperto da un'asse di legno, chi ha esplorato le tombe probabilmente avrà razziato gli ori che venivano deposti sui defunti.

Don Mario, ci scorta fuori, chiude con precisione i lucchetti della chiesa devastata e riesce a sorridere: «I fedeli stanno lanciando segnali di Sos a chiunque, secondo me qualcosa si muoverà, sono fiducioso perché la chiesa è avvolta da una passione di fede incommensurabile.

Questo luogo rinascerà, magari anche con l'aiuto del ministro Franceschini». 

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