Era il 16 novembre del ’21, quando al Metropolitan di Chiaia era steso il red carpet per l’anteprima di uno dei film italiani più importanti della storia recente: regista Paolo Sorrentino, opera - candidata agli Oscar - “È stata la mano di Dio”. Fu un’epifania d’arte partenopea. Ora il cinema di Palazzo Cellamare rischia seriamente la chiusura, come confermato dal socio Peppe Caccavale: «Intesa Sanpaolo ci ha mandato la richiesta di liberare l’immobile, che oggi è visitato da manager di sale bingo, discoteche e centri commerciali». Di fronte a questo scenario drammatico per la cultura chiaiese (orfana già di tante sale), si mobilitano oggi intellettuali e vip. Ieri il deputato dei Verdi Francesco Borrelli è intervenuto in parlamento in favore del multisala: «Ci appelliamo al Ministro - ha detto - combatteremo la desertificazione culturale». Gennaro Capodanno del Comitato Valori Collinari ha lanciato la petizione “salviamoilcinemametropolitan” su change.org per chiederne «il vincolo di destinazione d’uso».
Partiamo da chi è stato protagonista nell’ultima sera di Sorrentino al Metropolitan. «C’ero anch’io - dice Ciro Capano, che in “È stata la mano di Dio” interpreta il regista Capuano – fu una festa d’arte. Senza il Metropolitan Napoli sarà un po’ più “disunita”, per citare la celebre battuta che recito nel film. Le istituzioni facciano il possibile». «Il cinema è la fabbrica dei sogni, non mettiamola in cassa integrazione – dice Alessandro Siani – Non bisogna combattere contro i mulini a vento ma riflettere sui tempi che sono cambiati: i soldi che magari prima si investivano per andare in sala 6 volte all’anno, ora si spalmano per vedere film e serie a casa. Il Covid ha pesato, e i costi dei biglietti potrebbero essere più contenuti se gli esercenti fossero sostenuti dallo Stato. Dobbiamo salvare queste sale e i dipendenti con leggi che li tutelino».
«Sono una grande fruitrice del Metropolitan - dichiara la cantante Monica Sarnelli - è una tragedia culturale. Napoli cresce nel turismo ma precipita nell’arte». «Non si elimini un caposaldo della cultura - commenta l’attore Patrizio Rispo - Lo ricordo da quando era una sala unica da 3mila posti. La proposta delle piattaforme ha reso troppo comoda la fruizione a casa, e il cinema deve reinventarsi. Diventi un luogo di dibattito, backstage e incontri con i registi». «Mi unisco all’appello - spiega l’attrice Marina Giulia Cavalli - Si lasci lì una sala per il cinema e si pensi alla possibilità di trasformare le altre in location per libri, yoga, fotografia o teatro. Meno arte si vive, meno interazione resiste tra i giovani». «Le istituzioni facciano di tutto – osserva il produttore cinematografico Andrea Cannavale – Non ci possiamo permettere il lusso di perdere un altro luogo di cultura. Ci andavo da piccolo, con mio padre Enzo, a vedere le prime dei film storici. Mio fratello Alessandro e io lì abbiamo organizzato diverse prime, tra cui “Vieni a vivere a Napoli”: è un luogo di aggregazione per la città. Un cinema che ha contatti con gli artisti del territorio. Ci batteremo».
«Sono addolorato ma non sorpreso - argomenta lo scrittore Maurizio de Giovanni - La deriva della città, purtroppo, è questa. Con la chiusura temporanea della Feltrinelli, Chiaia è rimasta senza librerie e c’è un arretramento dei cinema in tutto il Paese. Il Covid ha cambiato le abitudini. Chiudono le sale più vicinie al territorio, come l’ex Arlecchino, l’Ambasciatori e l’Arcobaleno. Il processo va avanti da decenni. Le uniche attività che mantengono redditività sono parcheggi e food. I grandi cambiamenti non sono buoni né cattivi. Purtroppo esistono. Mi piacerebbe che certe situazioni culturali sopravvivessero in altra forma, come il Filangieri o l’America che propongono film tematici e riescono a farcela». «Un lutto per la cultura - aggiunge l’attore Gianfelice Imparato - Il fatto che il Metropolitan possa diventare un supermercato è triste. Dal Comune potrebbe dipendere un vincolo di destinazione d’uso. Si studi un calmiere per gli affitti legati alla cultura a Chiaia, se si guarda solo al profitto la società si abbrutirà».
«Perdere il Metropolitan sarebbe gravissimo – aggiunge Marisa Laurito - è stato frequentato da grandi professionisti e ha offerto grandi prime. Gli spazi non vanno destinati solo al commercio. Negli ultimi anni sono stati chiusi 428 teatri». «Ogni cinema, teatro o biblioteca che chiude è una ferita alla qualità della vita della città - conclude il sociologo Domenico De Masi - Napoli nel ‘22 era al 68esimo posto della graduatorie delle province italiane per cultura e tempo libero, 45 posizioni in meno del ‘21. Si avvii una sollevazione accademica e intellettuale».
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