I due turisti stringono tra le mani la guida del museo archeologico che hanno appena visitato. Entrano timidi, sollevano lo sguardo emozionati davanti alla bellezza del luogo, scattano un paio di foto, poi guardano attorno e si scoprono soli, in mezzo a una teoria di serrande abbassate e locali mezzi distrutti: decidono di uscire rapidamente perché la sensazione è pessima.
Galleria Principe di Napoli, tarda mattinata. Tutt'intorno la città urla il suo caos, lì dentro c'è il deserto. Passano un paio di studenti in cerca di un panino all'uscita opposta, entra qualche turista che s'impaurisce e fugge via, l'unica felice è una bimba bionda e minuscola, felice di correre a perdifiato in quell'immenso cortile coperto che è tutto a sua disposizione.
Doveva (dovrà) essere un luogo nel quale riunire la parte giovane e grintosa della città: spazio alla creatività, alla voglia di stare assieme in maniera costruttiva, largo a chi desidera mettere su piazza la faccia migliore di Napoli, quella dell'artigianato vero e delle idee innovative. Oggi è ancora un deserto di locali semidistrutti a malapena nascosti dalle serrande: eppure i lavori di ristrutturazione hanno riportato la galleria all'antica bellezza, i progetti di rilancio sembrano avvincenti e condivisibili, il luogo si trova nel cuore della città turistica che si sta riscoprendo vitale. E allora che succede?
Succede che i progetti sono una cosa, la realtà un'altra. Accade che in tanti hanno partecipato al bando per l'assegnazione di uno dei locali a disposizione ma poi hanno rinunciato: perché si entra in Galleria pagando al Comune un canone di locazione basso, ma in cambio bisogna rimettere in sesto i locali. E qui vengono i problemi, perché ripristinare quei luoghi prevede grandi spese e immensi vincoli (giustamente) imposti a chi s'innestai dentro un monumento: un'impresa titanica che ha messo paura a tanti.
La galleria Principe di Napoli è protagonista della pellicola di Ozpetek ambientata in città. Nel bel mezzo di «Napoli velata» la struttura compare invasa dal rombo dei bottari, piena di suoni, di vita, di emozioni: esattamente l'opposto di com'è oggi. La commissione Giovani del Comune ha fatto della rinascita della galleria una sfida personale. Si susseguono le riunioni e i sopralluoghi, si diffondono comunicati di rabbia, talvolta di speranza, perché non sono intenzionati a mollare. In questi giorni si festeggia il secondo anniversario delle prime assegnazioni dei locali: era gennaio 2016 e venne pubblicato l'elenco ufficiale, sembrava l'inizio di una nuova vita per quel luogo rimesso in sesto dopo essere stato aggredito da abbandono e vandalismo. Due anni dopo, facciamo i conti con la pubblicazione di un nuovo bando per riempire i locali lasciati deserti da chi ha deciso di mollare; prosegue la diatriba sull'adeguamento tra le planimetrie catastali e le risultanze dei sopralluoghi ufficiali che sono troppo differenti per consentire contratti coerenti; continua la polemica sui cinquantamila euro al mese che si perdono perché, in mancanza di locatari, il canone d'affitto non viene versato.
Eppure stavolta diventa difficile aggrapparsi al tema dello scandalo, della polemica: davanti alla magnificenza della galleria ristrutturata non c'è polemica che tenga; leggendo i progetti e le idee per il rilancio di quella struttura non esiste possibilità di contrasto. Dovrebbe essere il luogo che simboleggia la rinascita della città, invece è un meraviglioso deserto dal quale i turisti fuggono, che i napoletani usano come scorciatoia per il museo, nel quale i custodi passano il tempo a contrastare malintenzionati e curiosi.
A proposito, il direttore del Mann, Giulierini, ha avviato con il Comune un progetto di condivisione di alcuni locali: potrebbe essere una svolta. Ma se resta un deserto, non c'è svolta che tenga.
Napoli, la Galleria Principe bella e desolata che non piace agli investitori
di Paolo Barbuto
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Giovedì 11 Gennaio 2018, 10:53
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