Dalle macchine da festa al Corno
Il dibattito sul portale dei costruttori

Dalle macchine da festa al Corno Il dibattito sul portale dei costruttori
Giovedì 20 Luglio 2017, 17:55 - Ultimo agg. 19:11
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“Napoli ha una plurisecolare tradizione di feste civili e religiose per le quali venivano costruiti apparati magnifici soprattutto tra Sei e Settecento. Il Sindaco Luigi De Magistris ha ripreso questa tradizione con la torre-piramide in acciaio e vetro sul lungomare di via Caracciolo. Una memoria patetica e grottesca della Tour Eiffel. Ora ci riprova con O’Cuorno gigantesco di rosso fiammante. E’ un’idea di una volgarità davvero sorprendente e rammarica che si sia scaduti dagli “apparati” di Sanfelice e Paladino a O’Cuorno segno inequivocabile della rovinosa caduta delle pubbliche proposte nella nostra città”.


E’ tranchant lo storico dell’arte Cesare de Seta sul portale nagorà in merito alla proposta di realizzare un corno da 60 metri da installare sul Lungomare, lì dove, lo scorso anno, è stato “ospitato” N’Albero. A commentare l’idea progettuale fatta pervenire al Comune di Napoli, a cui ha fatto seguito il bando per una manifestazione di interesse di Palazzo San Giacomo, intellettuali e tecnici. Gennaro Ascione, studioso di Epistemologia per le scienze sociali, è provocatorio. “L’imposizione di un corno gigante nello spazio pubblico confermerebbe una linea di politica culturale che si compiace quando chiude l’orizzonte di Napoli a Nord-Ovest, per circoscriverne la dimensione a quella di confine settentrionale del Mediterraneo. Viene da suggerire, però, che se la città fosse davvero tutto ciò, non sarebbe un azzardo far propria la simbologia che accompagnò l’incoronazione di Eliogabalo, il fanciullo emblema della ribellione. E allora altro che grande curniciello rosso… Un mastodontico fallo nero, issato là dove la terra incontra il mare, per ribadire che Napoli è sulla bocca di tutti, ma in fondo è là che vuole stare”. “Fra Ernesto De Martino e la bancarella di corni di plastica c'è un abisso” aggiunge Giovanni Laino, ordinario di Tecnica e Pianificazione Urbanistica alla Federico II.


“Si potrebbe lavorare per la proposta – continua - tendenzialmente destagionalizzata di itinerari intelligenti non solo sulla scaramanzia ma sul turismo religioso o quello rivolto a chi ha spiccati interessi antropologici e curiosità sociali. Qualcuno sta pensando di chiedere alle università installazioni multimediali che documentino le tante dimensioni della scaramanzia nelle nostre città, considerando anche possibili itinerari letterari, cinematografici, culinari. E quante altre opportunità si possono provare a mettere in gioco tenendo presente il patrimonio demo-antropologico della città?” “In molti casi monumenti “per una stagione sola” sono stati i landmark, il segnale del cambiamento in atto, l’incipit di radicali processi di rigenerazione urbana. Il tratto comune di questi interventi – argomenta Francesco Izzo, ordinario di Strategie d’impresa alla Seconda Università di Napoli - a Londra, a Torino come a Melbourne o a Shangai, altri luoghi dove l’arte pubblica dei Pavilions raggiunge le sue vette, è una forma di bellezza intelligente. Attraverso l’opera, si lancia un urlo, un progetto politico, si invita a viaggiare dentro se stessi, si declama una poesia. C’è sempre un’idea. Che succede invece quando, come è accaduto a Napoli con N’Albero e accadrà con il Grande Corno, si preferisce la scorciatoia dell’oleografia, l’apoteosi del luogo comune?”.


”Il mio piccolo contributo alla realizzazione dell’Albero è stato di tipo tecnico – precisa Antonello de Luca, ordinario di Ordinario di Tecnica delle Costruzioni alla “Federico II”.
Ho partecipato anche ad altre installazioni artistiche, dove la ingegneria e’ stata messa a servizio di queste opere d’arte a scala urbana, come nel caso di Tarantara, od ancora di Rebecca Horn con le strutture illuminanti sempre a piazza del Plebiscito - sottolinea de Luca. In tutti questi casi l’ausilio delle norme sui lavori pubblici, unitamente alle soluzioni offerte dalla ingegneria, ha consentito la realizzazione di opere complesse. Insomma, nell’ingegneria al servizio dell’arte, effimero si’, temporaneo si’ ma sicuro come una opera destinata a durare in eterno”. Città della produzione e città degli eventi a confronto nel “Punto di vista dell’Acen”. “Non è possibile disegnare il riposizionamento di Napoli sullo scacchiere globale senza ripensare il ruolo strategico della "città della produzione"- si legge nel blog. “Più controversa sul piano politico e culturale risulta la messa in valore della "città degli eventi", ovvero di quello spazio urbano troppo spesso considerato come la semplice location di eventi spot che nulla hanno a che vedere con un lungimirante programma tendente a valorizzare i diversi aspetti della produzione culturale locale in un progetto di internazionalizzazione. Si parla spesso di costruire un "pensiero condiviso" della classe dirigente napoletana ma in pratica tutto si esaurisce nella solita polemica relativa al singolo evento (vedi "N'Albero" natalizio o il "corno") mentre la città metropolitana vede sempre più accentuarsi le sue contraddizioni sul piano dello sviluppo economico e sociale. --
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