Il museo Maradona si farà. Dopo anni di annunci e promesse tradite si cominciano a muovere i primi passi affinché il museo dedicato al campione argentino trovi finalmente una casa degna dell’eredità fatta di calcio, genio, magie, amore e sregolatezza, che ha lasciato dopo la sua prematura scomparsa.
Sorgerà nell’ex cinema Astoria, a salita Tarsia, non lontano dal teatro Bracco. A seguire in prima persona il progetto sarà Patrizia Boldoni, consigliera del presidente della Regione De Luca per le tematiche inerenti ai beni culturali, che Maradona lo ha conosciuto molto bene. Boldoni è ex moglie del presidente degli scudetti Corrado Ferlaino e ha vissuto un rapporto privilegiato con Diego, dal suo primo giorno all’ombra del Vesuvio, fino al suo addio.
Sarà un lavoro a tappe forzate quello che porterà alla realizzazione della “Mecca” del Dio del pallone - dopo una lunga battaglia portata avanti in questi anni da Il Mattino –. Nei prossimi giorni potrebbe già esserci un primo sopralluogo degli architetti di Palazzo Santa Lucia per verificare lo stato dello stabile, che rientra tra gli immobili di proprietà della Regione; andrà poi valutato il peso economico delle opere da realizzare - l’ex cinema è completamente da ristrutturare -; infine andrà redatto un progetto, che dovrà passare per la giunta guidata da Vincenzo De Luca.
Il governatore, circa un paio di settimane fa ha lanciato una provocazione: «Bella l’idea del museo di Maradona, mi manca solo un particolare: chi paga?» sottolineando che «la Regione non è il bancomat universale».
L’idea del museo va oltre l’aspetto commerciale. Nasce con l’obiettivo di coinvolgere i giovani dei Quartieri Spagnoli, del centro storico e comunque in generale delle periferie della città. Dare lavoro agli “scugnizzi” nel museo di colui che è stato il re degli scugnizzi, dentro e fuori dal campo. Un progetto che tiene dentro i tifosi, ma anche gli ex campioni azzurri. Baldoni ha già verificato la disponibilità di Ciro Ferrara a collaborare. Il nodo principale resta mettere insieme le maglie di Diego, le sue scarpette, le pagine dei giornali dell’epoca. Creare una memoria di ciò che è stato, per i napoletani e per i tantissimi turisti. Dare alla città un luogo in cui raccogliersi, che possa in qualche modo sostituire piazza Maradona a via De Deo a Montecalvario. O semplicemente conviverci. Da una parte il murales, un sacrario popolare, dall’altro un percorso fotografico, raccontato da suoni e immagini, con maglie, palloni e simboli che ricordano ciò che «El pibe de Oro» ha rappresentato.