In attesa che inizino i lavori di restauro previsti per quest'anno, e che lo renderanno Casa dell'Architettura, Palazzo Penne, uno dei più antichi di Napoli, subisce l'ultima offesa. Qualcuno si è infatti divertito a disegnare un'immagine oltraggiosa sul portale marmoreo quattrocentesco, restaurato pochi anni orsono.
Speriamo sia l'ultimo oltraggio nei confronti di un edificio che merita di essere valorizzato il più possibile. Un palazzo sontuoso, quasi ragale, sulla cui facciata restaurata da pochi anni spiccano bugne e stemmi medievali, costruito nel 1406 dal segretario del re Ladislao di Durazzo, Antonio Penne. Una dimora che fonde, come nel palazzo Carafa, elementi catalani come l'arco ribassato con quelli toscani ed è sviluppato su tre piani. Sulla facciata spiccano sono tre filari di bugne con al centro il rilievo della penna, simbolo della famiglia e della funzione di segretario e consigliere che ricopriva Antonio Penne nei confronti di re Ladislao; questi a loro volta fanno da sostegno ad altri otto filari con su inciso il giglio angioino, al di sopra dei quali sporge una cornice di mensole ad archetti trilobati con rilievi di croci e di corone sempre in onore di Ladislao.
Nel corso dei secoli il palazzo passò a diverse famiglie nobili: prima quella dei Rocco, quindi quella dei Capano (principi di Pollica e baroni di Velia) iscritti al seggio del Nido che ne mantennero il possesso per circa 150 anni fino a quando Marco Antonio Capano lo perdette per debiti di gioco.
Narra la leggenda che l'edificio fu in origine costuito dal diavolo in una notte sola, per consentire al nobiluomo Antonio Penne di conquistare una bella fanciulla. Non vi riuscì, ma non avrebbe mai immaginato che secoli dopo quella piccola reggia potesse fare una fine che non meritava.