Degrado a Napoli, Posillipo in agonia: «circuito» a pezzi e settecento alberi in meno

Degrado a Napoli, Posillipo in agonia: «circuito» a pezzi e settecento alberi in meno
di Paolo Barbuto
Sabato 30 Gennaio 2021, 23:30 - Ultimo agg. 31 Gennaio, 11:15
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C’è stato un tempo breve, quindici anni in tutto a partire dal 1948, in cui Napoli è stata teatro di uno dei Gran Premi più spettacolari della Formula Uno. Vincevano Ascari, Villoresi, Farina, però lo spettacolo non lo davano loro; l’emozione era quella che scaturiva dalle immagini in bianco e nero diffuse le settimane seguenti nei cinegiornali: si correva a Posillipo e lo scenario che faceva da sfondo alla gara era mozzafiato.

Il circuito di Posillipo era piuttosto breve, quattro chilometri in tutto; partenza dall’inizio del viale Virgilio, che veniva percorso a tutto gas, poi discesa ripida su via Tito Lucrezio Caro dove solo i migliori riuscivano a cavarsela con le curve a ripetizione, poi breve tratto di via Coroglio e salite a ripetizione, prima via Boccaccio poi l’attuale via Pascoli che in cima diventa via Padula, infine svolta su via Manzoni, in discesa, e traguardo su viale Virgilio.

Ieri ci siamo messi in auto esattamente dove c’era la pole position, all’imboccatura di Viale Virgilio, abbiamo immaginato di essere piloti degli anni ‘50 proiettati per magìa nel 2021 e abbiamo percorso la stessa strada di quei giorni cercando di capire quant’è cambiata Posillipo, anche se in fondo già conoscevamo la risposta. 

Iniziamo in maniera inconsueta, svelandovi il finale del racconto: lungo il percorso del Gran Premio di Napoli, ieri abbiamo contato 16 voragini di piccole dimensioni; due avvallamenti piuttosto preoccupanti, uno profondo dieci centimetri e largo un metro per un metro, un altro meno profondo ma più esteso, 1 metro per due. L’asfalto è devastato in ogni porzione e per la maggior parte della circuito ci sono radici d’albero che hanno sollevato il manto stradale.

Dei quasi cinquanta tombini che abbiamo individuato, solo due sono perfettamente allineati con l’asfalto, ci sono almeno tre punti in cui precedenti lavori stradali hanno lasciato cunette che, se prese a velocità sostenuta, potrebbero fa decollare un ciclomotore.

Infine, e questo è il dettaglio più drammatico, lungo la strada del Gran Premio di Napoli abbiamo contato quasi settecento tronchi di alberi abbattuti (in realtà ne siamo riusciti a identificare 688 ma siamo certi di aver sbagliato il conto per difetto). Nulla di nuovo anche in questo caso, la mattanza di alberi in quella porzione di Napoli è arcinota. Però, credeteci, contarne quasi settecento lungo soli quattro chilometri di città è stato particolarmente angosciante.

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Utilitaria in moto e un bel carico di fantasia immaginando di essere Alberto Ascari in pole position con dieci avversari alle spalle. Partenza senza sussulti, l’asfalto dei primi cento metri di circuito è incredibilmente intatto, ma sarà l’unica porzione tranquilla. Dopo i primi cento metri iniziano le sconnessioni che fanno traballare l’auto, ai 250 metri c’è una piccola voragine sulla sinistra che costringe a una sterzata improvvisa. 

I cancelli del parco Virgiliano si avvicinano, la svolta su via Tito Lucrezio Caro, per un automobilista, è l’ingresso in un girone infernale. Imboccando la strada c’è un salto, causato da un cordolo per lo scavo di un sottoservizio che è passato da un lato all’altro della carreggiata, la stessa situazione, con un salto più intenso ci sarà esattamente alla fine di quella strada. Il resto del percorso è un tormento, subito due voragini sulla destra seguite da tre tombini troppo bassi che mettono in crisi gli ammortizzatori, il resto è tutta una gimcana per evitare fossi, piccoli e grandi sprofondamenti, cunette spaventose create dalle radici degli alberi che oggi non ci sono più.

 

La svolta sul pezzettino di discesa Coroglio è aria fresca: solo un piccolo avvallamento. La risalita su via Boccaccio torna ad essere un tormento, in questo caso principalmente per le cunette “da radici”, con l’aggravante di uno spezzone di tronco tagliato che invade leggermente la carreggiata.

Su via Pascoli non esiste un brandello di asfalto in buono stato, alla svolta verso via Padula di fronte all’indicazione per Santo Strato, si staglia il muro di cinta di un parco che per quasi venti metri è pericolante e potrebbe finire sulla strada: retto da assi di legno e circondato da nastro rosso e bianco mette i brividi. Infine la discesa su via Manzoni. Spogliata dagli alberi, devastata nell’asfalto, imbarazzante.

Un pilota degli anni ‘50 si sarebbe rifiutato di utilizzare questo circuito, migliaia di napoletani ogni giorno sono costretti a farlo. 

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