Pasqua a Napoli, la stangata a tavola: ecco tutti i rincari

Pasqua a Napoli, la stangata a tavola: ecco tutti i rincari
di Valerio Iuliano
Venerdì 15 Aprile 2022, 00:00 - Ultimo agg. 16 Aprile, 11:26
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La corsa dei prezzi continua e gli effetti più devastanti della congiuntura internazionale sul carrello della spesa si vedranno presumibilmente tra poche settimane. L’ondata di rincari dei prodotti alimentari di qualche mese fa è già stata sufficientemente pesante per i consumatori e lo scenario attuale sembra piuttosto difficile da decifrare, con qualche momento di relativa stabilizzazione dei prezzi. 

A Pasqua i napoletani vivranno tutte le preoccupazioni determinate dall’inflazione galoppante. Il fenomeno del caro-vita in città è meno accentuato che nel resto d’Italia. Ma l’incremento del 5,7% su base mensile certificato dall’Istat a Napoli un mese fa resta pur sempre un dato allarmante. Per i ristoratori i prezzi record di alcuni cibi che si registreranno in questi giorni hanno una motivazione precisa. «Ieri i maruzzielli della zuppa di cozze - spiega Massimo Di Porzio del ristorante “Umberto”, oltre che leader della Fipe - costavano 50 euro il kg, a fronte dei 15 dello scorso anno.

In questi casi, si tratta di speculazione. Mentre un kg di agnello costa 13 o 14 euro, un prezzo tutto sommato accettabile. E una pastiera artigianale circa 30 euro. La percentuale degli aumenti dei cibi è del 5 per cento a Napoli. I rincari che superano questa percentuale non sono accettabili». Per gli alimentari si conferma la tendenza di un progressivo aumento, che risulta più evidente per alcuni prodotti.

In testa alla top ten dei prodotti con i maggiori rincari - secondo l’Unione consumatori - c’è l’olio diverso da quello di oliva che costa il 23,3% in più rispetto a marzo 2021. Al secondo posto i vegetali freschi aumentati del 17,8% in un anno. Sul gradino più basso del podio il burro che vola del 17,4%. Subito dopo c’è il prodotto simbolo della cucina mediterranea, la pasta, con un + 13 per cento. L’aumento dei prezzi dei cibi di prima necessità è un fenomeno ormai consolidato. L’impennata dei prezzi del pane, ad esempio, era iniziata già nello scorso settembre. «A Napoli- spiega il commercialista ed economista Gianni Lepre - l’impennata dei prezzi assume un aspetto maggiormente speculativo rispetto al resto d’Italia se si pensa ai rincari ingiustificati di pasta e pane. Un aumento del 4,4 per cento in 30 giorni della pasta e del 10 per cento del pane connota un incremento strumentale dei beni di prima necessità che, considerando scorte e produzioni, hanno poco a che vedere con la guerra in atto in Ucraina.

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Che fine hanno fatto in Italia, e in particolare nel Mezzogiorno, le filiere Dop dell’agroalimentare?». La questione dell’autosufficienza del nostro Paese è largamente dibattuta tra gli addetti ai lavori. Molti sostengono che sia solo un retaggio del passato. Antimo Caputo, amministratore delegato di Molino Caputo, azienda napoletana di molitura del grano, sulla questione non usa mezzi termini: «In realtà l’autosufficienza non esiste più da oltre 20 anni». Sull’impennata dei prezzi degli alimentari è opinione condivisa che le conseguenze più pesanti si vedranno tra qualche tempo. «Il prezzo a Napoli - nota Paolo Vaccaro dell’azienda ”Abbondanza del pane” - si aggira adesso tra i 2,50 e i 3 euro il kg. Dopo tre aumenti consecutivi in poche settimane, la grande distribuzione non ne accetterebbe altri. Nessuno ha avuto il coraggio di chiederlo».

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Anche per altri prodotti, si confermano le previsioni poco rassicuranti per il futuro. Gaetano Torrente, responsabile commerciale di “La Torrente srl”, azienda leader di trasformazione del pomodoro, fa sapere che l’aumento è stato del 10-15 per cento rispetto allo scorso anno. Ma «per la prossima campagna, che va da maggio a ottobre, gli aumenti arriveranno al 25 per cento. Nella filiera agroalimentare c’è preoccupazione». Gli aumenti dei costi di produzione non sono stati ancora “scaricati” del tutto sul costo del prodotto finale. Lo shock derivante dal conflitto ucraino è destinato a generare molti danni. «Le quotazioni del grano - spiega Caputo - stanno avendo oscillazioni senza precedenti. La settimana scorsa era calato di 50 euro per tonnellata. Adesso è aumentato di 50 euro. Un effetto della guerra». 

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