Napoli senza memoria, nel degrado la prima stazione ferroviaria d’Italia

L'inesorabile agonia della prima stazione ferroviaria d'Italia
L'inesorabile agonia della prima stazione ferroviaria d'Italia
di Antonio Folle
Mercoledì 3 Luglio 2019, 11:16 - Ultimo agg. 11:35
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Il 3 ottobre 1839 veniva inaugurato solennemente dal re Fedinando II la prima ferrovia italiana, la Napoli-Portici. Capolinea di quello storico tratto ferroviario era la stazione costruita dall’ingegnere francese Armand Bayard e che oggi si trova “incassata” tra una delle vie più trafficate della città e una stazione della Circumvesuviana.
 

Tra tre mesi scoccherà la ricorrenza dei 180 anni da quello che è stato uno dei più importanti primati raggiunti dal Regno delle Due Sicilie ma, ad oggi, pochissimi napoletani saprebbero scorgere in quei ruderi cascanti i resti dell’antico scalo ferroviario che proiettò Napoli ai primi posti nel mondo per sviluppo tecnologico. Solo uno scarno cartello - che tra l'altro riporta informazioni errate, il primo treno d'Italia partì da Portici e arrivò a Napoli - è collocato nel cortile d'ingresso degli uffici della II Municipalità allestiti in una parte dell'antico corpo di fabbrica. 
 
 

Il lento e inesorabile declino della stazione Bayard è cominciato nel 1866. Con l’apertura dell’attuale stazione di piazza Garibaldi l’impianto voluto dai Borbone perse centralità e finì declassato a “impianto di servizio”. Dopo qualche anno gli spazi inutilizzati vennero trasformati in un teatro per il dopolavoro ferroviario. La seconda guerra mondiale, che seminò morte e distruzione a Napoli, non risparmiò l’antico scalo ferroviario. L’esplosione della nave Caterina Costa nel vicino porto produsse danni ingentissimi ma il colpo di grazia sarebbe arrivato con il funesto terremoto che colpì l’Irpinia nel 1980 e che portò alla totale chiusura degli spazi. Gli interni dell’ex stazione – che oggi è pesantemente transennata - per qualche anno, sono stati utilizzati come discarica di rifiuti e ricovero notturno per senza fissa dimora. Per somma ironia della sorte la stele che ricorda l’arrivo di Garibaldi nei pressi della stazione Bayard è pronta per essere restaurata.

Dalla metà degli anni ’80, si susseguono i progetti – inconcludenti – per il recupero di quello che resta della stazione. La vocazione museale di questo luogo leggendario è fuori d’ogni dubbio ma, probabilmente, i potenziali investitori – a partire dallo Stato – reputano troppo dispendiosa l’opera di recupero, preferendo “sgravarsi” del problema semplicemente ignorandolo, forse in attesa che il tempo impietoso distrugga del tutto l’edificio. Quello che resta della vecchia stazione voluta dai lungimiranti Re Borbonici è avviluppato in una fittissima vegetazione che, con una provvidenziale opera di pietà, nasconde alla vista dei napoletani lo scempo della memoria che si compie giorno dopo giorno.

«Tra poco ricorreranno i 180 dall’inaugurazione della prima stazione ferroviaria d’Italia – spiega il presidente del Movimento Neoborbonico Gennaro de Crescenzo – e fa male vedere queste vestigia del nostro passato ridotte in questo stato. Bisognerebbe avere più rispetto per questi luoghi e trasformarli in un museo in grado di raccontare ai napoletani e ai turisti la grandezza di un Regno troppo spesso bistrattato dalla storia. In altri posti d'Italia qui sarebbe nato un museo, oggi invece ci sono solo macerie. Recuperare la stazione Bayard – prosegue de Crescenzo – non è solo un doveroso omaggio alla memoria di chi ha fatto grande Napoli. Potrebbe rappresentare opportunità di lavoro per tanti giovani della nostra città. Noi, come Movimento Neoborbonico, siamo disposti a regalare i nostri studi e a fornire consulenze storico-architettoniche a chi si deciderà a compiere questo passo».

Una curiosità: la stazione ferroviaria che ha regalato al Regno delle Due Sicilie uno dei suoi primati più conosciuti può fregiarsi di un altro storico primato. All’interno degli spazi che ospitavano le biglietterie e le sale d’attesa per i passeggeri, infatti, è stato istituito il primo divieto di fumo in spazi pubblici. Una legge, quella dei Borbone, che avrebbe anticipato di 164 anni la legge Sirchia del 2003.
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