Nuova sede Regione Campania a Napoli, intervista a Luca Molinari: «Già troppi spazi vuoti, si valorizzi l'esistente»

Nuova sede Regione Campania a Napoli, intervista a Luca Molinari: «Già troppi spazi vuoti, si valorizzi l'esistente»
di Luigi Roano
Lunedì 25 Luglio 2022, 08:00 - Ultimo agg. 17:00
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Professor Luca Molinari - ordinario all'Università Vanvitelli di Progettazione architettonica - la Regione, con il Comune e le Ferrovie dello Stato, sta progettando una cittadella direzionale con un grattacielo di rappresentanza a poche centinaia di metri dal Centro direzionale. Che idea si è fatto di questa iniziativa?
«Sono due temi collegati. Il primo è che il Centro direzionale è stato la grande sfida della contemporaneità lanciata da Napoli, una sfida importante che vedeva nel Centro direzionale il contributo di grandi progettisti. Già la presenza monumentale è impattante però questa cosa è stata vissuta un po' come una astronave, il Centro direzionale è un luogo che non è mai stato completamente risolto, si tratterebbe di ripensarlo guardando al futuro, le città negli ultimi 40 anni sono cambiate. C'è molto da fare al Centro direzionale da lì si dovrebbe secondo me irradiare la trasformazione dell'area est di Napoli».

E sul secondo tema, il progetto della Regione, cosa pensa?
«Quello che io credo è che vanno ripensati e riutilizzati i siti esistenti cioè riutilizzare quello che il '900 ha prodotto stando molto attenti ai materiali: la sfida non è aggiungere edilizia perché l'architettura è un bene pubblico che ricade poi nei prossimi decenni sulle comunità come dimostra lo stesso Centro direzionale.

Dobbiamo pensare a cosa avremo bisogno tra 20-30 anni, serve una strategia di città non l'aggiunta di un ennesimo manufatto, serve un progetto vero di città dell'amministrazione».

Il sindaco Gaetano Manfredi ha dichiarato che porterà investitori al Centro direzionale e in generale intende rivisitare il Prg. Basta per rilanciare l'area est e lo stesso Centro direzionale?
«Napoli ha un sindaco e assessori di alto livello che hanno il dovere di osare una visione della città, oggi alle amministrazioni si chiede di avere l'ambizione di progettare la città del futuro, Manfredi ha davanti due mandati in un momento come questo dove c'è la possibilità di utilizzare anche il Pnrr, occorre avere un pensiero veramente strategico rimodulando a quello che c'è e questo progetto può essere un'occasione di rilancio non con un nuovo manufatto perché un oggetto non cambia le città se non c'è una strategia».

Tuttavia nel progetto delle Fs c'è anche la riqualificazione di un pezzo dell'area est.
«I grandi scali occidentali sono diventati le opportunità per rigenerare le città in tutto il mondo e anche in Italia come accade a Roma, Milano, Firenze. Le Fs hanno un patrimonio immobiliare strategico, quello che è stato fatto è ripensare questi grandi vuoti per utilizzarli come snodi in grado di ricollegare pezzi diversi di città, ora sugli snodi si costruiscono anche grattacieli ma non si possono poggiare sul vuoto».

Vale a dire?
«Abbiamo già tanti uffici vuoti, il tema non è aggiungere ma come riutilizzarli. Non basta dire che le costruzioni trainano l'economia, è un concetto vecchio, Napoli ha già un grande patrimonio immobiliare. Se vuoi un quartier generale, se vuoi essere una città che attrae, serve una città diversa dalle altre e bisogna capire Napoli che identità vuole proporre per i prossimi decenni. Nella sostanza se si ha un progetto di città forte allora i capitali arrivano e arrivano anche gli investitori internazionali che possono installare a Napoli i loro quartier generali».

In tutto questo che ruolo può avere il Centro direzionale?
«Due anni fa l'università Vanvitelli ha organizzato un workshop sul Centro direzionale per discutere e lanciare idee su come recuperare questo spazio pubblico. La prima cosa da dire è che il Centro direzionale è una grande piazza sospesa su dei parcheggi sulla quale sono state appoggiate delle cose in maniera estremamente rigorosa. Il punto è che essendo sopraelevato non comunica con la città. Il tema non è lavorare sugli oggetti, ma sui primi 10 metri a iniziare dai parcheggi che saranno meno utili in un futuro prossimo. Occorre lavorare sull'attacco a terra e su come ridurre l'impatto e la separazione con il resto della città. Il Centro direzionale non può essere una acropoli, ma deve collegarsi con Napoli».

Si parla di nuove funzioni per il Centro direzionale, lei che idea ha al riguardo?
«Nessuno ha una formula magica, se la città del '900 è costruita per spazi separati va affrontato questo problema. Adesso le città sono luoghi fluidi, quindi si deve puntare a una mixitè, una diversità di funzioni e attrazioni. Se le torri di notte restano vuote e buie non è detto che debbano rimanere così in eterno. Il Centro direzionale, i piani terra e i primi metri delle torri che sono vuoti possono diventare una grande area pubblica con laboratori per i giovani, incubatori di imprese. Serve a immettere e dare nuove speranze al Centro direzionale e i giovani hanno bisogno di speranze e spazi che al Centro direzionale non mancano altrimenti continueranno a scappare via. Sono tante le città che devono seguire il cambiamento e guardare al futuro non vuol dire architettura futurista, ma guardare a quello che già c'è, il Centro direzionale potrebbe diventare un grande giacimento per la città». 

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