Nuova sede della Regione Campania a Napoli, intervista a Pica Ciamarra: «Non ha senso costruire lì la torre»

Nuova sede della Regione Campania a Napoli, intervista a Pica Ciamarra: «Non ha senso costruire lì la torre»
di Luigi Roano
Domenica 24 Luglio 2022, 10:00 - Ultimo agg. 17:59
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Professor Massimo Pica Ciamarra, la Regione ha progettato il suo nuovo quartier generale di fronte al Centro direzionale dove occupa 4 edifici: come inquadra questa iniziativa?
«Non condivido l'ulteriore svuotamento del Centro direzionale. Creare nuove cubature non ha senso, non ce n'è necessità. Appesantire la fascia costiera con metri cubi è un principio antico: prevalse già nel 1964 quando il Consiglio comunale in piena estate deliberò la nascita dello stesso Centro direzionale. Scelta non felice. Non bisogna più costruire sulla fascia costiera: in termini logici la sede della Regione non dovrebbe essere a Napoli».

Tuttavia il presidente De Luca la pensa diversamente?
«Un amico mi faceva osservare che la Reggia di Caserta sarebbe la sede più opportuna per la Regione, per collocazione, significato e immagine a scala mondiale.

Già 250 anni fa è stata immaginata come centro del nostro territorio».

Per ora - tuttavia - lo sguardo dell'ente di Santa Lucia è centrato sull'area orientale.
«Il tema è l'assenza di una visione metropolitana, soprattutto del Comune perché il primo soggetto è Palazzo San Giacomo. La legge prevede che gli attuali capoluoghi delle tre principali città metropolitane - Napoli, Milano e Roma - attribuiscano autonomia amministrativa alle loro municipalità: è la premessa perché il sindaco metropolitano non sia più eletto da 1/3 dei cittadini e scompaia questo vulnus democratico. La visione metropolitana è alla base di qualsiasi ragionamento urbanistico».

Concretamente cosa significa?
«Sono passati oltre 60 anni dal piano Novacco-Rossi Doria: evidenziava la necessità di ridurre il peso sulla fascia costiera, a vantaggio di quella intermedia e delle aree interne. Suggeriva una terapia per il territorio: oggi la sua malattia risulta invece aggravata».

Quindi il progetto della Regione è un errore?
«Il tema è positivo e interessante. Indispensabile rigenerare le aree in disuso. Ma non c'è necessità di nuovi pesi edilizi. La città non ne ha bisogno. Napoli ha superfici molto ridotte, ha bisogno di attrezzature collettive, verde, sistemi pubblici. Dunque qual è la necessità di nuove cubature?».

Lei che risposta si è dato al riguardo?
«Solo quella di incrementare il valore delle aree, questa sembra la sostanza del tema. Come avviene anche altrove: il tema è la valorizzazione dei beni delle Ferrovie in ottica privatistica e non di bene comune».

Resta lo svuotamento del Centro direzionale...
«Una funzione come quella della Regione, un attrattore di traffico, se mai si dovesse spostare, non dovrebbe ripetere errori del passato: quando si deliberò per realizzare un Centro direzionale, già allora questa moda nel mondo andava estinguendosi. Oggi il Centro direzionale non dirige nulla, Napoli non dirige nulla, non ha più attività direzionali di rilievo nazionale».

Ma il Centro direzionale esiste e vive: ci sono persone che vi abitano, si tratta di decine di famiglie, negozi, aziende smart, c'è una economia. Cosa bisogna fare per rilanciarlo?
«Il Centro direzionale è incompleto, manca del suo sviluppo abitativo: storie lunghe e credo che il Comune abbia in passato pagato indennizzi di non poco conto».

Ma cosa serve al Centro direzionale per ripartire?
«Riempirlo di funzioni e residenze: le norme del tempo hanno espulso quanto chiedeva altezze superiori a 3 metri: palestre, piscine, teatri, cinema... C'è bisogno di spazi di relazione. Quando c'è densità, gente che ci vive, si innescano i flussi, i negozi si mettono in moto. La perdita delle attività si contrasta espandendo gli spazi dei servizi».

Torniamo al progetto della Regione: la sensazione è che quella che nascerà sia una cittadella direzionale con una torre nuova di zecca.
«Il problema - lo ribadisco - non è la cura delle mura orientali. Ma l'inutilità di aggiungere nuovi attrattori di peso, e la torre è solo la parte più vistosa. Il punto è la visione territoriale a scala ampia, metropolitana. C'è contraddizione tra elaborazione culturale e quanto invece si propone. Non credo che l'assessore all'Urbanistica (Laura Lieto, ndr), che stimo e ritengo sia una fortuna per Napoli, dica sì a questo progetto».

Tuttavia si tratta di una operazione di rigenerazione urbana che sembra essere la nuova mission di tutti gli architetti e gli urbanisti.
«La città non ha bisogno di incrementi, ma di riqualificazione. Il progetto è interessante ma aggiunge quantità edilizie di cui non c'è necessità: la rigenerazione urbana da terapia si trasforma in patologia». 

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