Napoli, Palazzo Amendola e l'antica fontana del Melofioccolo nel degrado

Napoli, Palazzo Amendola e l'antica fontana del Melofioccolo nel degrado
di Antonio Folle
Martedì 25 Agosto 2020, 18:58 - Ultimo agg. 20:18
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Quando agli inizi del XVIII secolo la famiglia Melia - o Media secondo alcune fonti - commissionò la ristrutturazione di un palazzo di epoca seicentesca nella zona del porto, Napoli era una città in pieno fermento edilizio. Pochi anni dopo la città sarebbe diventata capitale di un regno, ma già da diversi anni famiglie nobili e ricchi borghesi facevano a gara per farsi costruire enormi e articolati palazzi, spesso sfruttando edifici preesistenti e in rovina. Il palazzo Amendola - dalla storpiatura del nome originario della famiglia che commissionò con ogni probabilità i lavori all'architetto Sanfelice - sorge a poche decine di metri dall'antichissima sede del Sedile di Porto. Con la sua mastodontica mole domina il vico Melofioccolo - altra probabile storpiatura del nome della famiglia - un tempo cortile interno del palazzo, poi aperto al transito da Nicola Amendola nel 1714, forse per evitare le continue liti con i portuali che pretendevano di passare per "abbreviare" il percorso tra il centro della città e la zona del porto. 

Il risanamento di fine Ottocento voluto dai Savoia per ridare un nuovo ordine ad una zona ritenuta, forse a ragione, tra le più insalubri e sovraffollati della città ha risparmiato il palazzo del Melofioccolo, ma lo ha condannato ad un destino di abbandono e degrado che si trascina fino ai giorni nostri. Oggi solo alcune tracce ricordano l'antica bellezza del palazzo e del cortile. La bellezza della scala sanfeliciana si può ancora intuire, ma è anch'essa vittima - come il resto del palazzo - delle numerose sopraelevazioni abusive realizzate nel corso dei secoli e che hanno spezzettato il palazzo in tanti piccoli appartamenti. 
 

 

La costruzione del corso Umberto e del palazzo della Borsa ha oscurato per sempre la vista del mare al palazzo ed al vicolo che, un tempo, vi si affacciavano. I locali terranei che ospitavano i depositi e le stalle oggi sono occupati da garage più o meno abusivi. Il vico Melofioccolo, con il suo antico palazzo, è forse uno degli esempi più emblematici del risanamento incompiuto - denunciato all'epoca anche da Matilde Serao - e testimonianza vivente di una delle prime maxi speculazioni edilizie che hanno caratterizzato il passaggio dal regno delle Due Sicilie al regno d'Italia dei Savoia.

La fontana del Melofioccolo, opera di epoca vicereale anticamente alimentata da una delle tantissime sorgenti della zona, merita menzione a parte. Oggi della bella fontana non resta praticamente più nulla. Pochi blocchi di piperno e alcune tracce addossate al muro perimetrale del palazzo - si intuisce la forma di una conchiglia e la testa di un leone - ricordano che in questo luogo sorgeva una fontana monumentale distrutta, come raccontano i residenti della zona, durante l'occupazione tedesca. 
 

«La fontana del Melofioccolo versa in terribili condizioni - denuncia Giuseppe Serroni dell'associazione “I Sedili di Napoli” - demolita probabilmente durante l'occupazione tedesca risalente alla seconda guerra mondiale. Oggi quello che resta di questa antica fontana è il simbolo della perdita della memoria e del gusto del bello che un tempo caratterizzavano il popolo napoletano. Tutta questa zona era ricca di orti, di giardini e di fontane - continua Serroni - luoghi di delizia che col tempo sono andati irrimediabilmente perduti. Paradossalmente dobbiamo ringraziare le scellerate politiche di fine ottocento, quando fu dato il via al controverso risanamento di questa zona della città e alla creazione del rettifilo se oggi ci rimangono almeno le tracce dell'antica bellezza di questo luogo. La nostra speranza - conclude - è che anche con il concorso dei residenti della zona, che mostrano sempre molto interesse per questo genere di proposte, si possa almeno tentare di recuperare questa antica fontana e restituirla alla città». 

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