Due ragazzi si fanno guidare dallo smartphone, arrivano in piazza Girolamini, si fermano ai piedi di un antico edificio, sorridono e scattano foto: hanno appena trovato la «Madonna con pistola» di Banksy e scattano fotografie da spedire subito a parenti e amici. Non sollevano nemmeno la testa, se lo facessero non sarebbero tanto sereni e sorridenti: all’altezza del secondo piano di quel palazzo c’è una lapide di marmo che si sta inesorabilmente staccando dalla facciata e potrebbe, in qualunque momento, schiantarsi al suolo.
Il palazzo dove Banksy ha lasciato il suo segno, nel cuore di Napoli, è lo stesso edificio nel quale visse Giambattista Vico: nel 1868, nel bicentenario della nascita del giurista e filosofo napoletano, un gruppo di docenti dell’università di Napoli decise di posizionare un’epigrafe proprio tra le finestre della casa dove viveva la famiglia del filosofo. Il testo, come s’usava nel mondo accademico di un tempo, è ricco, ampio, lungo, così il marmo venne diviso in due sezioni che poi vennero affiancate e piazzate sulla facciata dell’edificio. Le due porzioni della scritta incisa sulla pietra, vennero sostenute da ganci di ferro che adesso sono piuttosto malconci, ma la preoccupazione non è legata a quei pezzi di ferro. Il passare del tempo ha generato un leggero “spanciamento” dell’edificio: in pratica un pezzo della facciata del palazzo si è protratta in avanti generando una bozza, quella bossa si trova esattamente alle spalle della lapide che viene inesorabilmente spinta verso l’esterno.
Da anni, da decenni, i residenti chiedono con forza interventi per evitare che accada qualcosa di grave.
Nonostante le richieste d’aiuto che arriva da parte dei residenti, non s’è mosso nulla. Non c’è un progetto per il recupero e il consolidamento di quella lapide, non esiste attualmente nemmeno un’idea di intervento. E la situazione diventa ancor più stridente perché, a qualche metro di distanza, è in attività da lungo tempo il cantiere per il recupero della facciata della chiesa dei Girolamini. Magari se qualcuno avesse pensato per tempo a quell’emergenza, l’occasione sarebbe stata propizia per mettere in salvo quella lapide.
Invece del marmo che ricorda la casa di Giambattista Vico, la città di Napoli non ricorda nemmeno l’esistenza. Non c’è stata attenzione nemmeno quando il nome del filosofo è servito al Comune per lanciare il suo «Maggio dei monumenti» nel 2018, data in cui si celebravano i 350 anni dalla nascita. Sulla pagina web del Comune di Napoli è ancora reperibile il testo ufficiale della presentazione dell’evento «Trecentocinquanta anni fa, in una casetta nel cuore del centro antico della nostra antica città, nacque il figlio di un libraio. Lo chiamarono Giambattista...»: ecco, se dopo aver scritto quelle romantiche parole, l’Amministrazione avesse provato anche a dare uno sguardo a quella «casetta nel cuore del centro antico», avrebbe scoperto che non c’era nulla da festeggiare e che sarebbe stato meglio intervenire.