Napoli zona rossa, la protesta dei mercatali di via Bologna: «Ridateci lavoro e dignità»

Napoli zona rossa, la protesta dei mercatali di via Bologna: «Ridateci lavoro e dignità»
di Giuliana Covella
Sabato 10 Aprile 2021, 18:01 - Ultimo agg. 18:36
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«Voglio solo lavorare onestamente e vivere con dignità». Bassirou Diouf ha 59 anni e viene dal Senegal. In Italia da 15 anni, vive a Napoli da circa 9: «Sono arrivato da Conegliano Veneto, dove lavoravo in uno stabilimento - spiega - la mia famiglia è lontana, ma devo comunque provvedere a loro, a mia moglie e ai miei figli». Bassirou è uno dei 50 operatori del mercato di via Bologna che da 6 mesi sono chiusi e non ricevono sostegni dal governo per l’emergenza sanitaria. «Ho la bancarella da più di 10 anni, vendo prodotti tipici del mio Paese, ho una regolare licenza e chiedo soltanto di poter tornare a lavorare». Insieme agli altri colleghi e alle associazioni che difendono i diritti degli immigrati Bassirou è sceso in piazza per manifestare in maniera pacifica il suo dramma, quello di vivere senza alcun sostentamento da mesi. «Con il Covid il mercato è chiuso e non abbiamo alternative. Siamo disperati. Il problema è che dobbiamo mantenere le nostre famiglie e non sappiamo come fare. Adesso tutto è chiuso, non ci sono alternative. Sostegni e ristori non sono per tutti. Le maggiori difficoltà sono con l’affitto. I proprietari ci chiamano perché vogliono essere pagati. Abbiamo bisogno d’aiuto. Questa è la realtà». 

Il dramma è anche quello di Antonio Ricigliano, ambulante storico di via Bologna: «Sono anni che lottiamo.

Protestiamo per chiedere di farci riaprire. Siamo una cinquantina, senza mai aver ricevuto un sostegno dalle istituzioni. Specie quelle locali, da dove sono arrivate solo promesse mai mantenute. Ci sentiamo presi in giro. La pandemia ci ha distrutti. Un anno di disastro. Abbiamo famiglie a carico e nessuno fa nulla. Ci facciano almeno tornare al nostro lavoro. Faccio un appello a Draghi, a De Luca e a de Magistris: diteci che fine dobbiamo fare? Il mio appello va poi al nuovo vescovo, a cui chiediamo un incontro nel rispetto delle restrizioni, affinché almeno la Chiesa non si dimentichi di noi».

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In piazza al fianco dei mercatali Pierre Preira, presidente dell’Associazione Senegalesi, che spiega: «Chiediamo l’apertura dei mercati, perché si può svolgere quest’attività in massima sicurezza. Lo hanno già fatto alcune categorie, perché non possono farlo loro? Siamo qui per difendere la dignità del lavoro, per tutti. Si può fare se si vuole. C’è un’incoerenza del governo, che sta arricchendo quelli che sono già ricchi e sta invece impoverendo quelli che vivono nella precarietà e nel disagio. Non è un governo che tutela il lavoro e la dignità, piuttosto calpesta i diritti di persone che non hanno ricevuto finora nessun sostegno. Nè può accedere alle cure sanitarie e questo è vergognoso per un Paese che si dice civile». Mentre Gianluca Petruzzo, responsabile dell’Associazione 3 febbraio, chiede che «chi vive grazie alla dignità del proprio lavoro possa continuare a vivere, perché chiudere i mercati significa condannarlo alla fame. Non è giusto contrapporre la questione della sicurezza e della salute al lavoro, perché ci si può organizzare, soprattutto nei mercati all’aperto, come hanno fatto in altre città. Non si capisce invece perché la gente si possa ammassare nei supermercati, nelle metropolitane e sugli autobus e poi vengano discriminati i lavoratori e il piccolo commercio». L’associazione ha redatto una lettera aperta sia in italiano che in francese indirizzata a cittadini e istituzioni: «il messaggio è che mettendo al centro la solidarietà, l’umanità possiamo guadagnare i nostri diritti. Siamo contro ogni divisione, perché le persone devono unirsi proprio nel momento di emergenza. Quindi unità, antirazzismo e speranza perché uniti possiamo vincere».

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