«Sabotaggio all'ospedale Cardarelli, così ho salvato un paziente»

«Sabotaggio all'ospedale Cardarelli, così ho salvato un paziente»
di Ettore Mautone
Lunedì 25 Marzo 2019, 07:00 - Ultimo agg. 17:46
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Il sabotaggio ai monitor salvavita del Cardarelli avrebbe potuto provocare la morte di un paziente. Ad evitarla è stato l'intervento del primario, Ciro Mauro, che si è accorto dell'anomalia e della manomissione. Da lì è scattata la denuncia che ha poi portato all'inchiesta della magistratura svelata dal Mattino e affidata ai Nas sotto il comando del colonnello Vincenzo Maresca e del maggiore Gennaro Tiano. Il malato era ricoverato in pronto soccorso cardiologico e il monitor centrale ha indicato un tracciato minaccioso per la vita dell'uomo. «Era un sabato mattina di febbraio, sono andato in medicheria per rispondere al telefono - racconta Mauro - e mi sono accorto che il monitor segnalava una grave anomalia di un tracciato. Una torsione di punta che precede l'arresto cardiaco. Ho subito fatto trasportare il paziente in Utic (Unità di terapia intensiva coronarica, ndr). Dopo due minuti è andato in arresto cardiaco. Lo abbiamo massaggiato e rianimato. Il giorno dopo, la domenica, abbiamo impiantato il defibrillatore. Oggi sta bene».

Dottor Mauro, cosa non ha funzionato?
«L'ex direttore del Cardarelli Ciro Verdoliva aveva fatto impiantare da poco un sistema elettronico di telemetria che collega tutti i pazienti critici a una centrale di monitoraggio. Questa in caso di anomalie entra in allarme. Quell'allarme non aveva funzionato».

Dopo aver salvato il paziente cosa ha fatto?
«Mi sono chiesto come mai non fosse scattata l'allerta nella centrale di monitoraggio presidiata giorno e notte da una guardia medica e infermieristica. Era un sistema di controllo nuovo, montato da pochi giorni, prima che Verdoliva andasse via dal Cardarelli. Una sorta di scatola nera che lascia traccia e registra tutti i parametri del paziente».

E dunque?
«Ho pertanto pensato che si trattasse di un'anomalia tecnica e ho chiamato l'assistenza».
 
Cos'è emerso?

«Nella relazione si legge che il sistema sonoro di allarme era stato bloccato da una graffetta inserita all'interno di una porta che fa da interfaccia sul retro dell'apparecchiatura. Il sistema, per intenderci, funzionava regolarmente tanto da avermi permesso di leggere al monitor l'anomalia emersa dal tracciato collegato al paziente. Ma non funzionava il bip-bip del tracciato né l'allarme che suona in caso di anomalie. Il tecnico intervenuto ha scritto nero su bianco che si trattava di un sabotaggio. A quel punto ho immediatamente sporto denuncia e trasmesso la relazione e i documenti all'autorità giudiziaria».

Chi può essere stato?
«Non so proprio immaginarlo. Su quanto accaduto ho immediatamente avviato un'indagine interna».

Il risultato?
«È emerso che l'apparecchiatura, che traccia i parametri vitali di tutti i pazienti monitorati anche in Obi e in pronto soccorso, e anche durante i trasporti da un reparto all'altro, fino al giorno prima aveva funzionato regolarmente. Dunque quello che è accaduto deve essere successo di notte».

Potrebbe essere intervenuto qualcuno dall'esterno?
«Francamente non credo».

Che idea si è fatto? Perché qualcuno avrebbe manomesso un sistema salvavita mettendo a repentaglio la salute di pazienti critici?
«Questo non posso proprio saperlo. Quanto accaduto è grave quanto inspiegabile. Tutti i letti cardiologici sono monitorati. Abbiamo un doppio controllo al letto del malato e in remoto in medicheria».

Si parla di conflittualità nel reparto.
«Io svolgo il mio lavoro di primario e di direttore di dipartimento. Dirigo e prendo decisioni che talvolta possono non essere condivise. In ogni caso se qualcuno ce l'avesse con me ordirebbe qualcosa contro di me non contro i pazienti. Per due anni consecutivi siamo risultati quelli che in Italia effettuano il maggior numero di procedure di angioplastica con una mortalità tra le più basse in assoluto nel Paese. Risultati di eccellenza che non si raggiungono senza una squadra di professionisti collaudata. Combattiamo contro carenze di personale sia mediche sia infermieristiche. I carichi di lavoro sono gravosi a fronte di poche gratificazioni e grandi responsabilità ma ho la fila di medici e infermieri che vogliono venire a lavorare da me. Abbiamo raggiunto traguardi straordinari grazie a sacrificio, abnegazione e professionalità di chi fa parte della mia squadra. Episodi di questo genere rischiano invece di appannare il grande lavoro fatto in questi anni. Io e i miei colleghi pensiamo solo a tutelare i pazienti».

L'episodio è dunque accaduto di notte, il sistema era nuovo e dotato di un nuovo sistema sonoro: qualcuno potrebbe aver silenziato l'apparecchiatura per non intralciare il suo riposo?
«Non oso pensare a una ipotesi del genere. Configurerebbe una gravissima e criminale irresponsabilità che non corrisponde al profilo dei professionisti che lavorano nel mio gruppo. Tuttavia c'è sempre una remota possibilità. Credo sia un'impresa quasi impossibile trovare il responsabile».

Tolta la graffetta il sistema è tornato a funzionare?
«Sì, ora tutto è regolare. Abbiamo intensificato la routine dei controlli e preso alcune contromisure».

Quali reazioni ci sono state all'accaduto nel reparto?
«Stupore e incredulità. Ma siamo anche tutti ancora più motivati e determinati a portare avanti il lavoro di eccellenza svolto finora».
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