Scampia, nell’Università lo “scheletro” della Vela: il viaggio in anteprima

Scampia, nell’Università lo “scheletro” della Vela: il viaggio in anteprima
di Paolo Barbuto
Giovedì 29 Settembre 2022, 23:48 - Ultimo agg. 1 Ottobre, 07:59
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Il racconto del viaggio a Scampia, nel cuore del “cilindro” di Gregotti, potrebbe prendere il via dalle avveniristiche intuizioni architettoniche, dalla superba bellezza della piazza centrale dell’edificio, dalla maestosità dell’aula magna della nuova università. Oppure potrebbe raccontare dei tempi infiniti, quattordici anni dalla posa della prima pietra, dei ritardi per via dei finanziamenti che non arrivavano e poi si sono materializzati.

E invece no. Questo percorso deve necessariamente iniziare dal volto ruvido e dai capelli bianchi di un sessantenne, fisico d’atleta e passione da adolescente, che parla e accarezza i muri di un’università che sente «sua». Si chiama Carmine Zolfo, segnatevi questo nome perché non lo sentirete più, né nelle cerimonie ufficiali né nei resoconti della grande impresa di Scampia: era capocantiere nel 2008 quando c’era ancora da disegnare il perimetro dell’università, è capocantiere ancora oggi, e osserva la meraviglia pronta all’inaugurazione con l’orgoglio di un papà che guarda un figlio che ce l’ha fatta. Carmine conosce ogni segreto del cilindro universitario, ha vissuto ogni singolo momento della costruzione, dalle fondamenta alla prossima inaugurazione e, d’improvviso, tira fuori un ricordo che esplode come dinamite: «Predisponevamo le fasi di costruzione, stavamo scavando tra le macerie della “Vela H”. Quella Vela, aveva pali di fondazione talmente ben fatti e talmente resistenti che si decise di non rimuoverli, di lasciarli lì, di fianco a quelli previsti dal progetto dell’università, “inglobati” in questo edificio.

Un pezzo della Vela è ancora qui, proprio qui sotto», sorride entusiasta piazzando un colpo, a palmo aperto, sulla parete. 

L’università del futuro che porta dentro di sé il passato della Vela abbattuta, Scampìa che si rigenera ripartendo dalle sue stesse macerie: il capocantiere Carmine Zolfo, non si rende conto che dalla sua memoria è appena sgorgata una pagina da romanzo. 

Le guardie giurate sono già all’ingresso, difendono la struttura dai possibili ultimi invasori, in attesa dell’arrivo degli studenti. 

Il primo incontro è con il volto sorridente dell’ingegnere Renato Pastore: anche lui ha vissuto il cantiere fin dalla prima pietra, anche lui ha voglia di condividere i segreti di quel cilindro colmo di meraviglie. Pastore rappresenta l’Ati che ha materialmente costruito l’università, Del Bo e Pacifico Costruzioni, parla con orgoglio della sua appartenenza, guarda ancora con ammirato stupore l’edificio circolare che ha contribuito a realizzare. 

Varcare la soglia della nuova università è come aprire la porta del tempo: d’improvviso ti ritrovi proiettato nel futuro. L’immensa piazza centrale ha il pavimento nero di lava e il muro circolare bianco che abbaglia, intervallato da centinaia di minuscole aperture nel cemento; è sovrastata da una struttura spaziale col vetro che funge da “impluvium” verso un’aiuola piazzata esattamente nel cuore dell’università. Dicono che si tratti di una costruzione unica al mondo per le modalità di realizzazione: non esisterebbe un’altra struttura spaziale con un angolo di 45 gradi e una differenza di quota di sei metri. Crederci non è difficile, anche perché qui dentro tutto è avveniristico.

Ventunomila metri quadri, sette piani, cinque dei quali sopra terra. Ai piani bassi la struttura destinata agli studenti: aule, biblioteche, servizi; dal terzo in poi ambulatori, studi dei docenti, uffici, una mensa, sale operatorie e stanze per i degenti.

I tecnici provano il funzionamento dei microfoni in ciascuna delle 36 aule per le lezioni, gli addetti ultimano l’allestimento dell’aula magna che è il fiore all’occhiello della struttura, Spazio ampio per gli studenti ma anche per convegni e incontri: 500 posti con l’aria condizionata che non lancia strali ghiacciati dal soffitto ma soffia al di sotto delle belle poltroncine rosse. 

Tutt’intorno Scampia brucia d’emozione nell’attesa del grande evento. Quando la struttura aprirà alle lezioni e, poi, al ricevimento dei pazienti, qui cambierà tutto. Lo dicono i negozianti che per anni hanno guardato crescere il cantiere, lo sostengono in municipalità, ne è convinto Andrea Pacifico al vertice dell’impresa che ha realizzato l’opera: «È stato un percorso lungo e difficile. Ci sono state variazioni rispetto al progetto iniziale, difficoltà di ogni genere, inciampi imprevisti. Abbiamo continuato a lavorare anche se i prezzi erano di un’altra epoca e non ce la facevamo. Però nella fase finale c’è stata grande comunione d’intenti e siamo arrivati in porto. È una soddisfazione immensa, anche e soprattutto per il territorio: io sono certo che l’intera Scampia crescerà attorno all’università, che questo pezzo di Napoli, colmo di persone tenaci e decise, vivrà una svolta determinante».

E non sarà solo l’economia del territorio a beneficiare dell’apertura del polo universitario. Le persone avranno a disposizione ambulatori, punti di riferimento medici in una struttura all’avanguardia. Gli studi destinati alle visite sono già pronti, ai piani alti c’è un blocco operatorio avanzatissimo con due camere alle quali manca solo l’allestimento finale. Tutte le stanze destinate alla degenza, 21 per un totale di 36 pazienti, hanno una vista mozzafiato che arriva fino al Vesuvio. 

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Le maestranze hanno soprannominato questa struttura “il Colosseo” sia per la forma circolare che per le centinaia di aperture quadrate che portano luce all’interno. Attualmente l’edificio è già nella disponibilità della Federico II che sta provvedendo all’allestimento definitivo prima dell’inaugurazione che sarebbe fissata per il 17 di ottobre, anche se non c’è ancora la certezza ufficiale.

Da quel giorno le maestranze lasceranno definitivamente il loro personale Colosseo. Carmine, il capocantiere, già soffre all’idea: «Ho visto realizzare ogni gettata di cemento, piazzare ogni mattone, costruire ogni solaio. Adesso vedo una meraviglia davanti ai miei occhi, so che devo lasciarla però mi fa male pensare a quel giorno». 

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