Scudetto Napoli, il tifo in clausura di suor Rosa Lupoli: «C'è stato l'aiuto dall'Alto»

«Lo stadio non fa per me, quando esulto perdo il controllo e allora meglio perderlo in monastero..»

Suor Rosa Lupoli
Suor Rosa Lupoli
di Maria Chiara Aulisio
Venerdì 17 Marzo 2023, 11:00 - Ultimo agg. 18 Marzo, 08:42
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«È stata la mano di Dio». Suor Rosa Lupoli, ischitana doc, abbadessa nel monastero delle Clarisse cappuccine, spiccate doti di spiritualità e misticismo, non ha dubbi: «Ci ha pensato il mio capo. Due più due fa quattro. È chiaro che c'è stato un intervento dall'alto». È in clausura da oltre vent'anni nel monastero delle Trentatrè, la dolce suor Rosa, ma crede profondamente nel rapporto con l'esterno e segue con attenzione tutto quello che accade intorno a lei. A cominciare dai successi strepitosi della sua squadra del cuore. Tifosa più che sfegatata, capace di appassionarsi peggio di un ultrà, l'abbadessa è la stessa che nel giorno della morte di Maradona - oltre a decine e decine di preghiere recitate in suo nome insieme alle consorelle - ha lasciato sventolare la bandiera del Napoli sui tetti del convento di via Pisanelli, «omaggio - scrisse su Twitter - a un fenomeno irreplicabile».

E se ne va la capolista se ne va...
«Gioia senza fine».

Ha già pensato ai festeggiamenti?
«Siamo ancora in fase di organizzazione con le sorelle della chiesa di Regina Coeli, a due passi da qui.

Nel 90 contribuirono a colorare di azzurro tutta la strada. Faremo lo stesso anche stavolta».

Il tempo stringe.
«Infatti, siamo già in ritardo. Aspettiamo di capire commercianti e residenti come intendono muoversi e ci aggreghiamo».

L'idea di andare allo stadio per la partita della vittoria non l'è mai venuta in mente?
«Mi piacerebbe e non vi nascondo che ricevo regolarmente un invito per lo stadio ma non mi fido di me».

In che senso?
«Quando esulto perdo il controllo e allora meglio perderlo in monastero. Sono sempre una monaca di clausura, non vorrei fare brutte figure. Scherzo ovviamente, ma lo stadio preferisco evitarlo».

Fa sul serio quando parla di intervento dall'alto?
«Corrispondenza dal basso e mano dall'alto. Noi abbiamo chiesto e lui ha dato. Certo che faccio sul serio».

Ma è proprio sicura?
«Parlano i fatti. In altre occasioni squadre meglio organizzate, e più forti almeno in partenza, non ce l'hanno fatta. Quest'anno invece giocatori giovanissimi, inevitabilmente meno esperti, hanno portato a casa risultati incredibili. Secondo voi l'intervento dall'alto c'è stato o no?»

Parliamo dell'allenatore.
«Mi è piaciuta molto una sua frase recente. Ragionava sulla squadra quando ha detto non sono tutti amici però c'è rispetto e sanno stare insieme. Ho apprezzato la visione realistica che ha dei ragazzi dimostrando sul campo di saperli gestire bene. E dire che all'inizio non mi aveva affatto convinta».

Spalletti? E perché?
«Lo ammetto: quando lo hanno ingaggiato per allenare il Napoli ho pensato "un altro che non sorride come Sarri"».

Invece poi si è ricreduta.
«Quasi subito. Non solo ha cominciato a sorridere ma si è rivelato un grandissimo tecnico. Sa tenere insieme le diversità riuscendo a valorizzarle nel migliore dei modi, operazione per niente facile. E poi ha capito una cosa fondamentale».

Che cosa ha capito?
«L'importanza della città. Quando vince non vince solo pensando a se stesso o ai suoi giocatori. No, lui vince anche per Napoli, per i napoletani. La squadra qui è tutt'uno con il territorio e Spalletti lo ha colto subito. Milano, Torino, Roma, hanno due squadre, due tifoserie, Napoli no, è compatta: tutti per uno».

Ha visto che cosa è successo mercoledì prima della partita?
«Disastro assoluto, immagini agghiaccianti. Gli elicotteri della polizia hanno girato sulla nostra testa per tre ore senza mai fermarsi. Quello è stato il segnale che stava accadendo qualcosa di molto grave. Il mio pensiero è andato subito alle sorelle di Santa Chiara».

Piazza del Gesù è stata presa d'assalto.
«Loro sono proprio lì. Chissà che spavento. Meno male che il monastero è ben protetto».

A proposito di sorelle: la partita la guardate tutte insieme?
«Funziona così: io la ascolto alla radio e poi racconto. In realtà gli orari sono un po' complicati per noi. Quando si gioca alle 18 siamo in preghiera e alle 21 è già tardi».

Si dorme?
«Siamo in camera ma se il Napoli è in campo tutte sveglie fino al fischio finale. Ordine dell'abbadessa». 

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