Lo storico operatore lascia Chiaia: «Baretti come Baghdad, qui non c'è più nessuno»

Lo storico operatore lascia Chiaia: «Baretti come Baghdad, qui non c'è più nessuno»
di Valerio Esca
Domenica 3 Dicembre 2017, 12:11
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«Hanno vinto loro. Sono stato costretto a licenziare due persone nell'ultima settimana e a novembre ho incassato un terzo di quanto solitamente riesco a guadagnare con le mie due attività». Getta la spugna Filippo Boccoli, uno dei gestori storici dei baretti di Chiaia. Il titolare del «66» e dello «Spritz», all'indomani della conferenza degli esercenti a Confcommercio, torna sul tema movida. «Tra due mesi chiuderemo tutti: siamo morti, non c'è possibilità di recuperare. I residenti si riprendessero il loro deserto, noi troveremo qualcosa da fare».

Avete chiesto al Comune di istituire l'assessorato alla notte, è questa la strada giusta?
«La movida non c'entra nulla. L'unica vera questione è la criminalità. Non credo che la criminalità a Napoli esiste perché c'è la movida. Se avessero fatto alla Sanità quello che hanno fatto a Chiaia nelle ultime due settimane avrebbero risolto il problema delle stese».

Quindi l'assessorato alla notte non è la soluzione?
«Non c'è più nessuno ai baretti, e non solo per i colpi di pistola, ma per la militarizzazione della zona. Sembra di essere a Guantanamo. Lavoriamo in un clima di guerra, mentre se si va al Vasto, a Ponticelli, alla Sanità, a Scampia, a San Giovanni non mi pare ci sia la stessa attenzione delle forze dell'ordine. Non ce l'ho con gli agenti, ma con chi ha deciso di creare un clima di guerra. Dopo 15 anni possiamo dire che è finita. A questo punto lo apro a piazza Mercato un bel locale. Così me la dovrò vedere soltanto con i guappi. Qui invece il problema sono i residenti, e i magistrati e gli avvocati che abitano in questo quartiere. Loro vivono un'altra vita».

Voi in qualche modo siete responsabili di quello che i vostri clienti fanno. Se creano caos o disturbano la quiete pubblica, all'esterno del vostro esercizio commerciale, che cosa fate per riportare la situazione alla normalità?
«Non sono un pubblico ufficiale, faccio quello che mi compete, che mi è consentito dalla legge. In una qualsiasi città anglosassone gli stessi episodi non si vengono proprio a creare, o comunque si risolvono. Se disturbi la quiete ti ritrovi con le manette. Qui non può essere fatto. Gli agenti dicono che i minori non si possono toccare, che questo o quell'altro non si può fare. Secondo lei, più di dire ai clienti di non fare rumore e di non dare fastidio, cosa possiamo fare?».
 
Ce lo dica lei.
«Una proposta, per esempio sulla viabilità, noi l'abbiamo fatta al vicesindaco Del Giudice. Istituire una linea bus della movida. Chiamarla Bellini-Bagnoli, dalle 21 alle 5 del mattino. Con un costo anche di due euro. Ci avrebbe guadagnato il Comune, e si sarebbe risolto un problema per migliaia di persone. Del Giudice si disse entusiasta, ma poi nessuno si è fatto più sentire».

Dunque è anche colpa della politica?
«Purtroppo non c'è un interlocutore del Comune. Mi rendo conto che c'è il cantiere di via Marina fermo perché non ci sono soldi per pagare le ditte, che l'Anm sta per saltare, e tanti altri problemi che affliggono la città. Questo ovviamente li porta a non occuparsi della movida».

E l'ordinanza sindacale diramata due settimane fa?
«Sarebbe stato meglio chiudere direttamente i baretti. Mi metto nei panni del Comune: come fai a dire di no a questore e prefetto. Ne è venuta fuori un'ordinanza che ha trasformato Chiaia in un assedio delle forze dell'ordine. Sembra di stare a Damasco, a Baghdad, ma stiamo scherzando. Poi vai nelle periferie e non c'è nessuno. Fanno la task-force dove? Ai baretti, per quattro deficienti».

Il risultato fino ad ora qual è stato?
«Che non c'è più nessuno. Ci hanno distrutto. Mi sono stancato, questo stato di cose ci toglie dignità. Dove si è visto mai quello che hanno fatto in questi giorni a Chiaia. Cosa vogliono fare, il quartiere Copenaghen? Bene, ci diano i servizi di Copenaghen. Per fortuna ci hanno dato le birre in plastica, almeno possiamo sopravvivere. Altrimenti sarebbe finita prima del tempo».

Pochi giorni fa è arrivato il divieto dei tavolini esterni.
«La ciliegina sulla torta. Perché oramai siamo al tracollo. Venerdì sera ho incassato il 30 per cento di quello che incassavo solitamente. Non ci possiamo più salvare. Purtroppo non siamo riusciti a fare squadra. Quei pochi che hanno serrato le fila sono stati affiancati dai gestori del centro storico, più organizzati di noi. A Chiaia siamo allo sbando, non siamo capaci di creare nulla. Quei colpi sparati due settimane fa hanno colpito noi».
 
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