Totò nel degrado, la denuncia della nipote: «Mio nonno dimenticato, ora aprite subito il museo»

Totò nel degrado, la denuncia della nipote: «Mio nonno dimenticato, ora aprite subito il museo»
di Giuliana Covella
Lunedì 21 Dicembre 2020, 11:03 - Ultimo agg. 16:49
4 Minuti di Lettura

«La volontà c'è, i fondi pure. A fermare tutto è stata quest'emergenza sanitaria. Ma sono certa che tra un anno o due, fatti i dovuti interventi, il Museo Totò aprirà. Napoli e la sua gente hanno sempre onorato il nonno, in ogni angolo della città c'è una sua effigie, un murale che lo ricorda e lo tiene vivo. Vorrei solo che Comune e Regione dialogassero su questo tema». Elena Anticoli de Curtis è la nipote di Antonio de Curtis, in arte Totò, a cui Napoli diede i natali, ma che ancora oggi attende il Museo che doveva nascere alla Sanità ma dopo 20 anni ancora non ha aperto i battenti. Né la casa dove abitò da ragazzo in via Santa Maria Antesaecula 109, acquistata all'asta da un privato è mai diventata un luogo da far visitare ai turisti. Ma quello che oggi, a distanza di 122 anni dalla nascita e di 53 anni dalla morte dell'attore, stenta ancora a essere inaugurato è il Museo con i cimeli di Totò. Figlia di Liliana de Curtis, Elena, che oggi ha 51 anni e vive a Roma, attende fiduciosa il taglio del nastro delle sale al terzo e quarto piano del Palazzo dello Spagnuolo ai Vergini. Un luogo di arte e cultura che dovrebbe essere in dirittura d'arrivo, dopo anni di annunci e promesse da parte delle istituzioni. 

Casa e Museo Totò. Due luoghi che fino ad oggi non hanno avuto la degna valorizzazione. Cosa ne pensa?
«Premesso che le polemiche non portano da nessuna parte, riguardo la casa sorrido.

A via Antesaecula Totò nacque e visse fino ai 20 anni, ma non era di sua proprietà. Poi si trasferì a Roma insieme ai genitori. A Napoli esisteva un'altra casa dove viveva la famiglia Clemente e dove la mia bisnonna Anna Clemente morì. L'unica proprietà di Antonio de Curtis è la tomba al cimitero del Pianto di Poggioreale, che lui stesso acquistò nel 1952».

Ha detto che pensando alla casa alla Sanità le viene da sorridere. Perché?
«Perché quando Totò è morto, nel 1967, nessuno ha fatto una battaglia per valorizzare quella casa? Perché è andata all'asta, dove poi un privato l'ha acquistata? Ecco, mi chiedo: perché si svegliano tutti ora? Piuttosto il punto importante è un altro. È il Museo, che ci auguriamo veda la luce presto, dopo che tutto questo sarà passato. Parlo ovviamente dell'emergenza sanitaria».

Qual è attualmente la situazione?
«Partiamo dal fatto che nel 2015 ho raccolto il testimone da mamma, che data l'età (87 anni) ha i suoi acciacchi. Noi, insieme a Federico Clemente, l'altro nipote di Totò e al Comune di Napoli allestimmo una mostra con cimeli provenienti dalla famiglia e dai collezionisti di tutta Italia. Cimeli che saranno custoditi ed esposti al pubblico nelle sale del Museo all'interno del Palazzo dello Spagnuolo».

Un Museo che però attende di essere inaugurato da oltre 20 anni. Cosa ha causato questo ritardo?
«Oltre a vari intoppi burocratici prima del Covid si erano aperti i discorsi. Poi tutto si è bloccato. Ma ho avuto diversi incontri sia col ministro per i beni culturali Dario Franceschini che col sindaco: c'è un finanziamento di 800mila euro di Città Metropolitana previsto per l'inizio dei lavori nel 2021. I fondi dunque ci sono. E c'è la volontà del ministro di mettere in piedi una Fondazione dove ci sarà la famiglia, il ministero, il Comune e la Regione spero, perché questi ultimi due ora non dialogano».

Di cosa ci sarà bisogno?
«Essendo passati 20 anni bisognerà rimetterci le mani. Sulle teche, sui muri dove ci sono state infiltrazioni. Ma soprattutto vorrei fosse utilizzato il piccolo auditorium per realizzare laboratori di teatro per i ragazzi, anche per un discorso identitario perché nonno amava Napoli»

© RIPRODUZIONE RISERVATA