Ucraina, Napoli si mobilita: «In piazza contro la guerra»

Ucraina, Napoli si mobilita: «In piazza contro la guerra»
di Gennaro Di Biase
Sabato 26 Febbraio 2022, 09:00 - Ultimo agg. 12:21
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Si mobilita contro la guerra e si stringe in preghiera, il popolo degli ucraini napoletani. Intanto, gli smartphone sono sempre aperti sulle notizie in arrivo da Kiev, o sono occupati per parlare con i parenti rimasti in patria, alcuni dei quali sono stati appena chiamati alle armi. Ieri mattina, nella location ucraina intorno ai giardinetti di via Ruoppolo al Vomero, non si parlava d'altro che dell'assedio russo e dei carri armati di Putin alle porte della capitale. Poche ore dopo, nella chiesa della comunità greco cattolica Santa Maria della Pace in via dei Tribunali, per il secondo giorno consecutivo si sono riunite decine di anime della nutrita comunità ucraino-partenopea. La preghiera, dunque, per rispondere all'assurdità anacronistica di una guerra combattuta nel Terzo Millennio nel cuore dell'Europa, ma anche una manifestazione contro il conflitto oggi in via Toledo e domani in piazza Dante. Camera di Commercio e Maschio Angioino sono già illuminati per la pace, e oggi le botteghe di San Gregorio Armeno esporranno la bandiera arcobaleno in segno di solidarietà verso il popolo ucraino. Mercoledì prossimo, un flash mob di preghiera organizzato da Gianfranco Wurzburger di Asso.gio.ca. e pastorale giovanile della Diocesi di Napoli avrà luogo invece in piazza Mercato.

 

La chiesa ucraina di Napoli porta già nel nome il messaggio espresso nelle ultime ore dal parroco Taras Zub: Santa Maria della Pace, appunto. La comunità religiosa di via dei Tribunali è tra le più folte d'Italia. Sul profilo Facebook di Taras Zub, c'è la locandina di una «Manifestazione contro l'aggressione russa», domani in piazza Dante. L'evento ha raggiunto in poche ore decine di condivisioni. La comunità ucraino-napoletana si mobilita, e allo stesso tempo invita i partenopei a scendere in piazza contro la guerra. Si respira paura, in via dei Tribunali. Tra coloro che passano a pregare, c'è Rayisa Malchevska, capelli e occhi neri, 50 anni.

Lavora vicino, in un negozio di prodotti dell'Est. Biscotti con caramello o fiocchi d'avena, vodka, cetrioli e conserve. «Sono a Napoli da 20 anni - sospira - Ho mia sorella e i miei nipoti in Ucraina. L'altra mattina vicino casa loro c'è stata una sparatoria. Parlo anche russo, ho dei cugini russi ma mi sento ucraina, e l'invasione è una cosa terribile. Le persone sono tutte uguali, e non capisco fino in fondo i motivi della guerra. Mi chiedo se Putin non voglia prendersi il carbone ucraino, così da rivendere il gas alla Cina». 

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Preoccupazione e rabbia si respirano anche nei giardinetti di via Ruoppolo, altra location degli ucraini in città. Tante governanti e badanti dell'Est si ritrovano qui, a ridosso di piazza degli Artisti, per la pausa pranzo. La loro tristezza, ieri, stonava con i coriandoli di carnevale lanciati dai bambini tra le giostre del parco vomerese. Ma le storie delle donne che hanno trovato lavoro a Napoli raccontano tanto dei sentimenti che scorrono tra Russia e Ucraina. Valentina Lutsak è laureata in patria in lingua e letteratura russa. In città, è stata badante e ora fa la domestica. «Putin sta agendo come una specie di Hitler - dice - Sono molto preoccupata: in Ucraina ci sono i miei figli, mio marito, mia madre, mia sorella. Tutti. Hanno paura anche loro. Tanti stanno scappando verso la Polonia, dove vengono aiutati, e verso la Romania, perché non sanno cosa accadrà. Speriamo non arrivi la terza guerra mondiale, ma spero anche che gli ucraini resistano. Sono laureata in letteratura e lingua russa, ma non mi va più di parlare in quella lingua». Tamara Cherniavska ha 73 anni. Oggi frequenta un anziano napoletano, ma la storia della sua vita l'ha condotta verso un'ideologia più filorussa: «Ho figli e nipoti in Ucraina - spiega - Mio genero e mio nipote, di 59 e 18 anni, sono stati convocati per entrare nell'esercito e combattere contro la Russia. Ho molta paura per la guerra, ma le cose stavano meglio quando Russia e Ucraina erano unite: ho lavorato come infermiera per 30 anni, fino a che c'era l'Unione Sovietica. Poi, dopo il crollo dell'Urss, ho perso il lavoro e sono dovuta venire in Italia. La mia pensione è di appena 70 euro». 

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