A Venezia spunta Banksy: «Ma io l'ho già visto a Napoli»

A Venezia spunta Banksy: «Ma io l'ho già visto a Napoli»
di Antonio Menna
Domenica 26 Maggio 2019, 08:00 - Ultimo agg. 13:05
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«Questo qui lo conosco». Agostino 'o pazzo, che nell'intricato gioco delle identità nascoste e intrecciate al destino di Napoli, si chiama in realtà Antonio Mellino, non ha dubbi. Osserva dalla sua bottega di rigattiere ai Tribunali la foto scattata a Venezia, con due uomini che smantellano una bancarella abusiva di quadri di Banksy su ordine dei vigili, e ne riconosce uno. «Quello alto, con la barba, il più giovane, venne insieme a un altro ragazzo fuori casa mia ad allestire il murales della Madonna con la pistola». Agostino parla del passaggio a Napoli di Banksy, il più famoso street artist del mondo come fosse un fatto personale, una cosa sua. In effetti, a lui, per altro verso mito della Napoli popolare degli anni Settanta, è toccata unica la sorte di parlargli, o almeno di tentare un discorso tra il napoletano e l'inglese.
 
I fatti avvennero nel 2004. Agostino li ha raccontati talmente tante volte che diventa ormai difficile distinguere il reale dall'epico e a ogni passaggio si aggiunge un dettaglio, un particolare: forse è la memoria che mette a fuoco o la fantasia che compone il suo quadro. Ma non è questo il gioco degli artisti misteriosi? «Vidi due ragazzi - ricorda Agostino - che giravano da giorni fuori casa mia e dissi guagliù, che andate trovando? Loro parlavano solo inglese ma mi fecero capire che volevano fare un disegno su una parete del mio palazzo dove tenevo una vecchia edicola votiva. Io mi misi a ridere e dissi: perché, voi sapete pure disegnare?». Il palazzo scelto (piazza Girolamini, 112) aveva a sua volta una storia: aveva ospitato Giambattista Vico, in una vita, ed Ettore Scola e Marcello Mastroianni, per le riprese di Maccheroni, in un'altra vita. I due si misero al lavoro sotto lo sguardo di Agostino. «Uno lavorava sullo sfondo nero, l'altro gli passava gli attrezzi, poi si scambiavano i ruoli». A sera venne fuori un ritratto di Lenin con una visiera all'americana e una stella rossa, con quella contaminazione satirica che tanto piace alla guerrilla art. La miscela, però, non fu gradita da Agostino. «Pensai: e che dico a mia moglie? Che ho Lenin nell'edicola votiva fuori al palazzo? Dissi ai due: togliete subito questa roba. Loro capirono e dissero ok, ok». Nacque dopo 24 ore l'ormai mitica Madonna, con al posto dell'aureola una pistola. Anche quest'ultimo dettaglio non piacque ad Agostino. Ma non fece in tempo a dirlo. Il misterioso pittore - anzi la coppia di pittori - era già sparito. Lasciando a Napoli, un tratto di presenza italiana rimasto unico fino all'altro giorno, quando Banksy è comparso a Venezia, con il «naufrago scomparso» dipinto su un palazzo e poi con una bancarella abusiva allestita per creare un caso mediatico. In questa ultima circostanza, due uomini si sono lasciati fotografare mentre smantellavano il tutto. Quello più anziano con cappello è Ivo Papadia, un insegnante veneziano. Quello giovane con la barba - si è detto - un figurante ingaggiato da Banksy. Invece, da Agostino 'o pazzo, direttamente dai Decumani, arriva un inatteso riconoscimento. «Questo con la barba è uno dei due che hanno lavorato alla Madonna», dice sicuro, rilanciando una ipotesi di cui si parla spesso, e cioè che Banksy non sia in realtà né il pittore inglese Robin Gunningham, né il musicista Robert Del Naja dei Massive Attack, né un altro artista singolo. Ma un collettivo di pittori, un po' come si è detto, per altro verso, di altri artisti dalla identità coperta (Elena Ferrante come incrocio delle scritture composte di Starnone e della moglie Anita Raja) che curiosamente proprio a Napoli intrecciano destini di fantasmi visibilissimi. Agostino racconta quella sera ma in realtà vorrebbe raccontare le sue di sere, quelle dei primi anni Settanta, quando aveva appena diciotto anni e divenne a sua volta una piccola leggenda napoletana. Lo chiamavano ancora col nome di battesimo: Antonio. Ci sapeva fare con le moto. Guidava un Gilera 125 quando fu fermato dai carabinieri in piazza Trieste e Trento. Non si fermò, stava andando dalla ragazza e non voleva fare tardi. Fu inseguito nei vicoli dei Quartieri Spagnoli e la sua abilità a superare ostacoli, scendere scale, gli fece seminare i militari e scatenò l'ammirazione collettiva. Tra il 23 e il 26 agosto del 1970 4mila persone scesero in strada, tra piazza Municipio e via Toledo, per tentare di incrociare il centauro ma il tutto finì in una rissa con la Polizia (la Celere): rimasero a terra 56 feriti mentre furono 59 gli arrestati. Antonio si guadagnò il nomignolo di Agostino (a ricordare Giacomo Agostini) 'o pazzo (e non c'è bisogno di spiegazione). Con questo curriculum, oggi, a quasi 70 anni, anima una vecchia bottega da rigattiere e può dire - tra i pochi al mondo - di aver visto al lavoro Banksy.
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