A Napoli era una scuola modello: rubate anche le pareti

A Napoli era una scuola modello: rubate anche le pareti
di Paolo Barbuto
Venerdì 26 Febbraio 2016, 08:54 - Ultimo agg. 27 Febbraio, 16:08
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Il cartello davanti al cancello è rassicurante, meglio, rasserenante «Istituto Comprensivo Giulio Rodinò, materne ed elementari». Lo guardi e hai la sensazione netta di sentire voci di bimbi, canzoncine, poesie di Natale, lavoretti per la festa del papà. Poi prosegui, bastano esattamente tre passi, vedi cosa c'è e smetti di pensare ai bimbi gioiosi, ti vengono in mente scene di degrado e devastazione, pare una zona di guerra, sembra che esattamente al centro di questo posto sia caduta una bomba. Invece no, su questa scuola sono caduti il degrado e il disinteresse, molto più devastanti delle armi perché subdoli e silenziosi. Poi sono piombati i delinquenti e gli sciacalli che hanno decretato la fine dell'istituto Rodinò, prima hanno rubato le suppellettili, poi sono passati alle tubature, alla fine si sono presentati un giorno e hanno portato via pure le pareti della scuola, prima quelle che separavano le classi, poi anche quelle esterne: ora quella scuola è solo uno scheletro di ferro.

Pensi che siano stati necessari decenni di abbandono per arrivare a questo schifo, invece chiedi e ottieni una risposta disarmante: «La scuola è stata abbandonata cinque anni fa ma è rimasta presidiata per altri due anni da un custode. Fino a tre anni fa questo luogo esisteva ancora, era perfettamente utilizzabile», spiega amara la presidente municipale Anna Cozzino. Per piacere, adesso guardate la foto al centro di questa pagina e pensate che sono bastati 36 mesi per creare questo disastro. Perdonate l'enfasi, ma a noi sembra incredibile, assurdo, inconcepibile. E poi qual è quel padrone di casa così distratto da non accorgersi che gli hanno rubato perfino le pareti del palazzo? Inutile girarci intorno, è il Comune di Napoli, evidentemente troppo impegnato in altre faccende per notare questi dettagli.Il cancello è aperto, basta una spinta per arrivare nel cuore della devastazione. Era una struttura prefabbricata: i piloni di ferro sono resistenti, così come le scale interne. Capisci di essere entrato nei resti di una scuola solo arrivando al primo piano: c'è un'unica parete che ha resistito all'uragano dei trafugatori. Su quel muro ci sono ancora incollati gli appendiabiti per i cappottini, sono sistemati un po' bassini, così per i bimbi è più facile sistemare le cose. Su quella stessa parete c'è, incollato, un lavoretto pasquale: un pulcino disegnato con mano incerta e una scritta dedicata a mamma e papà. Mammamia che tristezza.Tutt'intorno è un tappeto di quaderni, mappe geografiche strappate, vetri in frantumi.

Capisci di essere entrato nell'area di quella che doveva essere la biblioteca della scuola, perché a terra ci sono cumuli di libri da lettura per bambini, dai classici, Salgari in testa, a roba più moderna a base di horror per bambini e robot volanti. La cosa che ti colpisce di più, però, è la presenza invasiva di una specie di roba soffice, grossi cumuli che sembrano di lana ancora non cardata: «È lana-roccia - sentenzia la presidente Cozzino - profondamente inquinante e pericolosissima, come e più dell'amianto». E allora pensi che quel posto non è solo la rappresentazione fisica dell'incapacità di gestire il patrimonio comunale ma è pure una bomba ecologica.Il pensiero viene interrotto da una visita inaspettata. Attraverso il cancello s'infila, come una furia, un uomo che urla, chiede ragione della presenza estranea lì dentro, pretende spiegazioni. Quando capisce che di fronte non ci sono nemici si rasserena. È venuto di corsa perché ogni volta che i delinquenti vengono a strappare un pezzo di scuola, nell'aria si liberano particelle «di questa roba bianca schifosa».

Questa roba ha aggredito la sua piccina che ha due anni e nove mesi ed è costretta a vivere con la mascherina sul volto perché ha gravi problemi respiratori: del resto è nata proprio nei giorni in cui iniziava la devastazione della scuola e ha vissuto ogni giorno della sua vita lì vicino. «Ogni volta che quelli tornano a scassare tutto, questa polvere comincia a volare, entra fin dentro la casa e la bambina non riesce proprio più a respirare. Si sente male. Ecco perché io sto in guardia. Un paio di volte ho fatto a botte con chi voleva entrare qui dentro».Il racconto è farcito da parole forti e tanto dialetto e, credete a chi l'ha ascoltato di persone, è realmente drammatico. Ma chi dovrebbe pensare, almeno, alla bonifica di questo posto? Sappiate che il percorso è lungo perché ogni rifiuto deve essere «caratterizzato» (cioè bisogna capire di cosa si tratta) e poi a seconda della pericolosità va trattato in maniera diversa. Forse se si iniziasse oggi, entro l'estate quella roba velenosa potrebbe essere rimossa, ma bisognerebbe iniziare oggi. Il Comune dovrebbe far partire in questo momento le pratiche...

«Esattamente un anno fa abbiamo lanciato l'allarme all'assessorato al Patrimonio - spiega Anna Cozzino - abbiamo identificato almeno dieci grandi strutture di proprietà comunale che versano in abbandono e degrado. Abbiamo chiesto interventi di messa in sicurezza immediata e poi un progetto: se il Comune non riesce a gestirli può pensare di dismetterli o di affidarli in gestione». Scusi presidente, ma che risposta vi ha dato il Comune? «È un anno che aspettiamo, una risposta non è ancora arrivata»
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