Abusi all'Accademia Belle Arti di Napoli, parla il prof: «Gogna mediatica contro di me»

Abusi all'Accademia Belle Arti di Napoli, parla il prof: «Gogna mediatica contro di me»
di Leandro Del Gaudio
Venerdì 14 Febbraio 2020, 23:00 - Ultimo agg. 15 Febbraio, 15:22
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Si dice «vittima di una gogna mediatica», di una ricostruzione bollata esplicitamente come «non corretta». Parla attraverso i suoi legali, il professore dell’Accademia di Belle arti finito nel vortice di un’inchiesta per abusi sessuali dopo la denuncia di una sua ex alunna. Un incubo alimentato ad arte - come confidato a chi gli sta accanto in questo periodo - una «gogna» fatta di «notizie parcellizzate» e ritenute non veritiere. Ha anticipato tutti, con una mossa decisamente ad effetto e all’insegna della trasparenza e della collaborazione con le istituzioni: tramite i suoi difensori, i penalisti napoletani Maurizio Sica e Lucilla Longone, ha consegnato in questi giorni la trascrizione di centinaia di messaggi via whatsapp, instagram e facebook intercorsi con la sua allieva, nei due mesi in cui è stata vissuta la propria relazione. Ora queste pagine sono al vaglio del pm Cristina Curatoli e del procuratore aggiunto Raffaello Falcone, in una indagine che ha uno snodo decisivo: il 5 marzo è infatti previsto l’accertamento irripetibile per acquisire messaggi e informazioni dal telefonino cellulare della sua ex alunna, la presunta parte offesa.

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Ma proviamo a rimanere ai pochi dati oggettivi che è possibile raccontare in una storia decisamente grave, delicata per le inevitabili ripercussioni sulla vita di almeno due contesti familiari: tra ottobre e dicembre del 2019, il docente dell’Accademia e una sua alunna vivono una relazione privata. C’è un gap di età tra i due, ma la donna è comunque maggiorenne e si è detta consenziente nel rapporto. Una liaison che nasce quando la ragazza ha già superato il test di accesso al corso del prof, un percorso di formazione tra i più ambiti, anche perché il docente è anche regista di fama. Un test con quesiti a risposta multipla, che può essere superato solo grazie a studio e determinazione, oltre che ad una buona dose di vivacità intellettuale. Fatto sta che dopo l’accesso al corso, ha inizio la relazione tra i due.

Un paio di mesi dopo, il rapporto si incrina e la ragazza chiede di cambiare corso, rivolgendosi al direttore dell’Accademia. Siamo a dicembre dello scorso anno, ha inizio in contemporanea un battage interno all’Accademia, che ha eco immediata attraverso i canali social, da parte di associazioni di studentesse che protestano contro presunte pressioni a sfondo sessuale esercitate da uno o più docenti. È il caos perfetto. Quanto basta a spingere il direttore a convocare la ragazza, dalla quale apprende la sua decisione di cambiare corso, dopo una relazione privata vissuta dal docente, in modo del tutto consenziente. Ed è un elemento non secondario. Il carattere consenziente del rapporto tra docente e alunna ha convinto infatti il direttore a non sporgere denuncia, ma anche a firmare un ammonimento nei confronti del professore per aver intrattenuto un rapporto con una sua allieva. Intanto, però, in Procura arriva un esposto che fa riferimento al caso della ragazza, a proposito di uno stato di soggezione, che l’avrebbe spinta a vivere una relazione con un uomo più grande, in quanto suo docente nel corso più ambito dell’Accademia.

Al vaglio altri particolari non secondari: l’esame universitario era previsto a fine corso, quindi a giugno del 2020, mentre dalla ricostruzione dei messaggi consegnati in Procura non c’è alcun riferimento alla possibilità di superare la prova in seguito a prestazioni sessuali.

Anzi. Tutto sarebbe riconducibile ad una storia intima tra due soggetti adulti e padroni delle proprie vite. Decisiva a questo punto la valutazione dei pm, in uno scenario che resta decisamente elettrico. C’è rabbia in seno a un gruppo di studentesse, c’è volontà di trasparenza e chiarezza da parte dei vertici dell’Accademia, mentre è deciso a tutelare la propria dignità un uomo che si dichiara estraneo alle accuse di violenza sessuale. Chiede anonimato, chiede rispetto, mostra i messaggi di chat, di conversazioni che scandiscono la propria relazione. E lo fa anche a tutela della stessa denunciante che potrebbe essere stata strumentalizzata - ipotesi non peregrina - da chi oggi si nasconde dietro forum e canali social: dove è facile vomitare ogni genere di insulti, nascondendosi dietro un irresponsabile anonimato.

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