«Io, accoltellato al cuore per la Postepay: mi sono salvato pensando a mia figlia»

«Io, accoltellato al cuore per la Postepay: mi sono salvato pensando a mia figlia»
di Melina Chiapparino
Martedì 20 Ottobre 2020, 10:00
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«Sono stato accoltellato perché volevo indietro la mia carta Postepay». Salvatore Spagnuolo, il 20enne napoletano aggredito con una raffica di fendenti lo scorso 11 ottobre a Pianura, raccoglie le forze per parlare e «chiedere giustizia». Il dolore gli impedisce ancora di muoversi nel letto del reparto di Cardiochirurgia del Monaldi ma dopo i giorni in Terapia Intensiva, rischiando la vita per una ferita vicino al cuore, sente il bisogno di «denunciare la violenza subita». 

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Salvatore, come e soprattutto da chi è stato aggredito?
«Avevo appuntamento con un amico, anche lui di Pianura, che conosco da qualche anno e con il quale dovevo avere un chiarimento.

Ci siamo visti domenica sera, davanti ad un bar in via Empedocle ma lui ha cominciato subito ad aggredirmi. A quel punto, ho reagito e nella colluttazione a mani nude stavo avendo la meglio, finché ho sentito delle fitte in vari punti del corpo. Non ho visto cosa aveva in mano. Sono caduto a terra e sentivo la mia maglietta piena di sangue, ho cercato di togliermela e mi sono rialzato ricevendo altri colpi, anche su una mano con la quale avevo cercato di difendermi».

Perché tra lei e il suo amico ci doveva essere un chiarimento?
«Conosco questo ragazzo da circa 5 anni, non è mai stato tra i miei amici fraterni ma nei suoi confronti avevo sempre mostrato amicizia, ospitandolo persino in casa mia quando ne aveva avuto bisogno. Da un po' di tempo avevo notato suoi atteggiamenti strani fino a quando, prima dell'aggressione, mi chiese il favore di prestargli la mia carta Postepay. Mi disse che dovevano versargli 300 euro e lui non sapeva come fare, così gli diedi la mia carta ma con il trascorrere delle ore tardava nel riportarmela. Ero preoccupato, ho insistito per riaverla, ottenendo solo offese finché gli ho chiesto di incontrarci».

Lei ha voluto vederlo perché temeva qualcosa?
«Le carte sono personali e non andrebbero prestate ma volevo semplicemente aiutare un amico o comunque lo credevo tale. Quando ho visto che non rispondeva alle mie telefonate e non mi dava notizie, ho cominciato a preoccuparmi che potesse utilizzare la mia Postepay in modo improprio o creandomi dei problemi. In passato, ho vissuto alla giornata ma da due anni la mia vita è cambiata perché è nata mia figlia. Lavoro onestamente e ogni giorno metto da parte i soldi per assicurarle un futuro e non farle mancare nulla. Sono un bravo ragazzo e quando ho letto notizie sull'accoltellamento che mi descrivevano come un delinquente, mi sono ripromesso che avrei raccontato la verità».

Ha denunciato quanto sta raccontando?
«Certamente. Ho descritto tutto l'accaduto alle forze dell'ordine, indicando il mio aggressore. A quest'ora potevo essere morto ma, fortunatamente, ho avuto la grazia di festeggiare il mio compleanno qui in ospedale e potrò tornare alla mia vita, anche se a livello clinico i medici stanno ancora valutando quali conseguenze potrò avere. L'unica cosa che chiedo è giustizia. Non si può rischiare la vita in questo modo e mi auguro che la mia storia possa convincere tanti ragazzi che vivono la strada a cambiare mentalità e a trovare un lavoro onesto».

Cosa sente di dire, ora che è fuori pericolo?
«Quando mi sono ritrovato insanguinato, l'unica mia paura è stata l'idea di lasciare mia figlia. Pensavo costantemente a lei e se ora potrò tornare ad abbracciarla devo dire grazie a tutti coloro che mi hanno salvato. Grazie agli amici che hanno chiamato i soccorsi, invece di fare i filmini come altre persone che sono rimaste a guardare la scena. Grazie a Giulia, la prima sanitaria che mi ha soccorso e grazie a Fabio, Ciro, Sonia, Viola i tutti i medici e il personale ospedaliero del Monaldi e del Cardarelli di cui conosco i nomi perché sono stati come una famiglia».

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