Agguato a Napoli, il figlio del boss Troncone fermato per evitare l'esplosione di una nuova faida a Fuorigrotta

Agguato a Napoli, il figlio del boss Troncone fermato per evitare l'esplosione di una nuova faida a Fuorigrotta
di Luigi Sabino
Venerdì 24 Dicembre 2021, 18:00 - Ultimo agg. 25 Dicembre, 11:35
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Rapina e lesioni personali. Sono questi i reati di cui è accusato Giuseppe Troncone, figlio del boss Vitale, quest’ultimo gravemente ferito in un agguato di camorra ieri mattina in via Caio Duilio. In serata, gli uomini della Squadra Mobile hanno eseguito un decreto di fermo nei confronti del 21enne su disposizione dell’autorità giudiziaria.

I fatti risalgono al 2 ottobre scorso quando Troncone, insieme ad Andrea Merolla, ammazzato l’11 novembre scorso, furono protagonisti di una violenta aggressione ai danni di due persone, una delle quali, colpita più volte con il calcio di una pistola, ha riportato un indebolimento permanente di un organo.

Non solo. Dopo il pestaggio, Troncone e Merolla si sono anche impossessati della vettura su cui viaggiavano gli aggrediti. Un episodio, in sé gravissimo, ma che non è escluso possa essere la scintilla che ha innescato l’esplosione di violenza che ha sconvolto Fuorigrotta negli ultimi mesi. 

Le vittime, secondo alcune informazioni raccolte ma ancora al vaglio degli investigatori, non sarebbero normali cittadini ma personaggio, a loro volta, vicini ad ambienti malavitosi del rione Traiano. Un dettaglio, questo, che se confermato dalle indagini potrebbe spiegare lo scenario criminale in cui è avvenuto l’assassinio di Merolla, prima, e il fallito agguato a Troncone senior, poi.

Non solo. Da tempo, riferiscono le forze dell’ordine, Troncone, Merolla e altri loro compagni, alcuni dei quali già noti, starebbero causando problemi nella zona, atteggiandosi a piccoli boss. Episodi di quotidiana violenza che avrebbero, però, turbato il delicato equilibrio criminale su cui poggia la periferia occidentale di Napoli. Episodi che, uniti all’aggressione del 2 ottobre, senza contare il risentimento nato dall’omicidio di Antonio Volpe, di cui i Troncone sono sospettati, hanno messo il clan nel mirino. Una lezione andava impartita. Vittima designata, secondo l’ipotesi investigativa, Andrea Merolla, non solo fedelissimo del giovane Troncone ma anche suo parente. L’agguato è scattato lo scorso novembre quando ‘o Turco, questo il soprannome di Merolla, percorreva via Caio Duilio in sella al suo scooter. All’improvviso sono comparsi i killer, verosimilmente anche loro in sella a uno scooter, e per Merolla non c’è stato scampo. Inutile anche il suo tentativo di ripararsi dietro le pompe di benzina di un distributore. Raggiunto dai sicari, è stato finito a colpi di pistola. Un omicidio cui è seguito il tentativo di eliminare anche Vitale Troncone forse, per timore, che il boss fosse animato dal desiderio di vendicare il nipote.

 

Una minaccia che i suoi rivali hanno cercato di eliminare non esitando a sparare nonostante la presenza di decine di testimoni. I killer, infatti, sono entrati in azione mentre il boss si trovava dinanzi al suo bar di via Caio Duilio, la stessa strada dove, pochi giorni prima, era stato ammazzato Merolla. Almeno quattro i colpi esplosi, due dei quali hanno colpito Troncone ad uno zigomo e a un femore. Immediatamente soccorso e portato in ospedale, le sue condizioni sono state giudicate gravissime. Ieri sera, quindi, il fermo del figlio Giuseppe, bloccato, forse, per evitare lo scoppio di una nuova, sanguinosa faida. Il 21enne, infatti, nonostante la sua giovanissima età, è ritenuto dagli investigatori una vera testa calda con curriculum criminale di tutto rispetto.

Alcuni anni fa, infatti, rimase coinvolto in una violenta rissa con alcuni giovani del clan Formicola di San Giovanni, in cui furono ferite tre persone innocenti a colpi di pistola. Troncone, anche lui ferito da alcune coltellate, fu arrestato con l’accusa di essere il pistolero. Condannato inizialmente a 14 anni di reclusione, il verdetto fu ribaltato dai giudici della Corte di Appello e lo scorso dicembre, dopo due anni di detenzione domiciliare, era stato rilasciato.

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