Negozi scomparsi al Vomero
«Tutti vittima del caro-fitti»

Negozi scomparsi al Vomero «Tutti vittima del caro-fitti»
di Rossella Grasso
Sabato 15 Luglio 2017, 11:43 - Ultimo agg. 18:12
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Al Vomero i negozi cambiano, si spostano, chiudono a ritmo record. Non si fa in tempo a notarne uno nuovo che qualche mese dopo già non c’è più. Secondo i dati dell’Ufficio Studi di Confimprese Napoli, dal 2010 a oggi hanno chiuso 260 attività commerciali o artigianali su 2.162, a fronte degli 80 che hanno aperto, quasi tutti del settore food. Ma il dato ancora più impressionante è che di questi, nei primi 24 mesi di attività, chiude il 50% e solo il 20% riapre poco dopo sotto una nuova insegna.

Per comprendere bene l’entità del fenomeno basta guardare agli ultimi mesi: hanno chiuso uno dopo l’altro la pasticceria Bellavia in via Luca Giordano, Ferrari Arredamenti  in via Mario Fiore, il Bar Fuga in piazza Fuga, che era attivo dal 1936, la Pelletteria Duma a via Merliani, Fortunato Esposito, la concessionaria di auto Lancia in via Mattia Preti, Lapis cartoleria nella galleria Scarlatti, Emporio Usa che era in via Merliani da 25 anni, per lasciare il posto a una grande multinazionale come Mc Donald. A questi otto, andando indietro nei mesi, se ne aggiungono tanti altri. In comune hanno un’antica tradizione nel commercio vomerese e, in alcuni casi, il loro posto è stato preso da ristoranti e take away molto simili tra loro, determinando una grande omologazione di proposta.
 



Un tempo il Vomero era una collina dove si coltivavano i broccoli. Poi la lungimiranza di alcune famiglie di imprenditori dagli anni ’50 ha reso il quartiere un enorme centro commerciale all’aperto che però recentemente sta cambiando il suo volto. Quelle famiglie storiche sono state costrette a chiudere le loro attività o a spostarle in locali discostati dalle vie principali quali via Scarlatti e via Luca Giordano, «I negozi aprono e chiudono a una velocità impressionante – denuncia Enzo Perrotta, presidente del Centro Commerciale Vomero – e la colpa è del rincaro dei fitti e dell’eccessiva pressione fiscale».

Perrotta parla di una vera e propria ecatombe che, secondo i numeri raccolti dalla sua associazione, riguardano per il 70% le attività no food. «Tutto questo ha cambiato la vocazione e l’aspetto del quartiere rendendolo una lunga distesa di tavolini». Una somma di cause ha contribuito a tutto ciò. In primis il rincaro degli affitti che negli ultimi anni è addirittura raddoppiato. «Un locale a via Scarlatti o a via Luca Giordano costa in media 25 euro al metro quadro al mese – spiega Vincenzo De Falco, storico immobiliarista del Vomero – Un po’ meglio va a chi affitta nelle traverse: 15-20 euro al metro quadro al mese». Dunque i negozianti abbassano definitivamente le saracinesche che in molti casi restano serrate per anni, senza trovare nuovi inquilini. Succede così che in alcune strade come via Kerbaker accanto ad ogni negozio aperto, praticamente ce ne sono due chiusi.

A fare gioco anche la grande pressione fiscale che si abbatte su affittuari e proprietari. «Quando avvii un’attività commerciale lo Stato praticamente diventa il tuo primo socio: si prende anche il 60% del tuo incasso tra tasse varie», spiega Diego Bellavia, uno degli eredi della storica pasticceria che da oltre 50 anni delizia i palati dei vomeresi. La sua famiglia ad aprile è stata costretta a chiudere il locale in via Luca Giordano ma ha annunciato che presto riaprirà in un negozio più piccolo ma sulla stessa strada. Bellavia dice che oltre al rincaro dei fitti, sono vari i problemi che portano gli imprenditori a farsi due conti e a decidere di chiudere storiche attività: innanzitutto la liberalizzazione delle licenze che oggi possono avere tutti, poi la crisi globale che ha mutato i consumi e bollette alle stelle, «e alla fine non ce la fai più», dice.

Enzo Perrotta si scaglia contro i proprietari che definisce «grandi evasori». Denuncia la pratica diffusa di scindere a metà il contratto di affitto: una parte in nero e una dichiarata, così pagano meno tasse. «Purtroppo – ha detto - dobbiamo  constatare che la magistratura non ha mai castigato quest’evasione fiscale, ma ha sempre aspettato il ravvedimento di proprietari che però non avviene mai».
Negli anni Perrotta ha lanciato numerose iniziative per sensibilizzare l’amministrazione a vario livello sul problema. In ultimo ha lanciato la proposta di integrare la legge vigente con la cedolare secca come già vale per gli immobili ad uso abitativo. «Questo costringerebbe proprietari e affittuari a dichiarare realmente i loro guadagni, risparmiando sulle tasse, senza possibilità che sussistano pagamenti al nero».     

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