Il piccolo Alex torna dai nonni dopo il lockdown: «Trapianto riuscito, a Napoli siamo felici»

Il piccolo Alex torna dai nonni dopo il lockdown: «Trapianto riuscito, a Napoli siamo felici»
di Lucilla Vazza
Giovedì 2 Luglio 2020, 23:30 - Ultimo agg. 3 Luglio, 10:34
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Era l’ottobre del 2018 e per il piccolo Alessandro Maria Montresor, per tutti Alex, il bimbo di un anno e mezzo affetto da una rara malattia genetica, si era mobilitata l’Italia e in prima fila c’era Napoli e la Campania in un’indimenticabile gara di solidarietà. Per Alex, figlio di una napoletana e di un veronese, che vivevano e vivono tuttora a Londra, le speranze di sopravvivenza senza un trapianto di midollo sarebbero state minime, ma serviva un donatore compatibile. Alla fine è stato suo padre, Paolo Montresor, a donare le cellule emopoietiche necessarie per il trapianto eseguito al Bambino Gesù di Roma. Oggi Alessandro ha 3 anni e da qualche giorno è a Napoli nella casa dei nonni che non lo vedevano da Natale. Gioca e scherza come tutti i bimbi della sua età e parlotta in italiano e in inglese, è allegro e sereno, come racconta la sua mamma Cristiana Console. 

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È passato un anno e mezzo dal trapianto al Bambino Gesù di Roma, come sta Alex?
«Grazie a Dio e allo splendido lavoro del Bambino Gesù, ora Alessandro sta bene, la settimana scorsa siamo arrivati a Roma da Londra e abbiamo fatto tutti i controlli e le analisi ed è tutto a posto. Siamo in contatto costante con l’ospedale, perché sono loro il nostro punto di riferimento, ma è stato bello tornare e vederli di persona, siamo molto legati a loro e loro a noi. Ci hanno accolti, quando comunque Alex per l’esposizione mediatica che c’era stata era diventato anche in un certo senso “scomodo” per i rischi di fallimento che ci potevano essere e invece il professore Franco Locatelli e i suoi sono stati eccezionali anche umanamente. Ci seguono anche i medici di Londra, ma il fulcro delle cure è in Italia, con loro abbiamo un filo diretto costante. Nei mesi scorsi prima della pandemia, Alex ha avuto spesso la febbre, ci siamo preoccupati, ma era un segno del sistema immunitario che iniziava a funzionare. Quando finalmente i medici ci hanno dato l’ok per le prime uscite e poi per mandarlo all’asilo… è arrivato il coronavirus e siamo rimasti a casa da metà febbraio fino a qualche giorno fa, quando siamo rientrati in Italia. Per lui è stata una pacchia, super felice di godersi i genitori tutto il tempo, non abbiamo potuto più far venire la baby sitter per paura del contagio». 
 


Avete avuto paura del Covid-19 anche della possibilità di ricevere le stesse cure?
«Noi ci siamo spaventati tantissimo, non siamo usciti, facevamo tutto online e per fortuna Alessandro non ha avuto bisogno di ricoveri. Ci siamo attenuti alle indicazioni del governo inglese che in una lettera a tutte le famiglie con soggetti vulnerabili ha prescritto almeno 12 settimane di lockdown, prolungato poi fino ad agosto. Per due volte sono venute le infermiere a fare i prelievi per Alex. Come tutte le persone che sono passate dall’oncoematologia e dagli altri reparti “delicati”, eravamo attrezzati e abituati alle misure anti infezioni. Avevamo mascherine, gel e tutto il resto».

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Com’è stato tornare in Italia dopo la quarantena?
«È stato incredibile vedere gli aeroporti semideserti con tutti i tempi dilatati per i controlli. In Italia sono tutti più attenti nel distanziamento e nell’uso della mascherina, non c’è paragone con l’Inghilterra, dove non c’è alcun obbligo e il distanziamento è lasciato alla responsabilità individuale». 

State pensando di ritornare a vivere in Italia?
«Onestamente sì ci vorremmo avvicinare a Roma, perché Alessandro dovrà sempre essere seguito. Lui è legatissimo ai medici del reparto, quando eravamo chiusi in casa per il lockdown, guardavamo la tv italiana e Alessandro indicava il televisore per vedere il professore Locatelli, cioè “Franco”, in conferenza stampa con la Protezione civile. Lo chiamava “Franco, Franco” e lo salutava contento, si ricordava bene di lui. Siamo da qualche giorno a Napoli e siamo felici, resteremo qui fino a settembre, poi chissà...».
 

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