Alleanza di Secondigliano, abbattuto l'ennesimo altarino del clan a Napoli

Altarino abbattuto in via Sant’Antonio Abate
Altarino abbattuto in via Sant’Antonio Abate
Valentino Di Giacomodi Valentino Di Giacomo
Giovedì 5 Maggio 2022, 12:01 - Ultimo agg. 16:45
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Altro colpo, non solo simbolico, all'Alleanza di Secondigliano. Questa mattina, 5 maggio, è stato abbattuto l'ennesimo altarino eretto dal clan del centro storico. Stavolta il manufatto abusivo sorgeva in via Sant'Antonio Abate, all'altezza del civico 258. Zona tra l'Arenaccia e San Lorenzo ritenuta sotto il controllo del clan guidato dai Bosti-Contini-Mallardo. 

Già nelle scorse settimane sono stati abbattuti altri altarini dell’Alleanza, sono tutti relativi alle undici edicole votive sequestrate dalla procura di Napoli lo scorso anno perchè tutte ritenute dedicate a personaggi del clan.  Tra gli altri altarini già buttati giù figurava anche uno sorto su un'opera di rilievo storico come l'acquedotto romano dei Ponti Rossi.

Gli operai della Napoli servizi hanno proceduto agli abbattimenti questa mattina sotto la stretta sorveglianza della polizia municipale guidata dal comandante Ciro Esposito. 

I decreti di abbattimento, prevalentemente per altarini dedicati a personaggi legati al clan Contini, è partito due mesi fa da un'indagine avviata già lo scorso anno a seguito del sequestro di tre statue sacre del Seicento originariamente collocate nella Chiesa Santissima Maria del Rosario di via San Giovanni e Paolo. Sono le tre statue - che grazie ad un'inchiesta del nostro giornale - sono state rinvenute dai carabinieri nella disponibilità delle famiglie mafiose Mallardo-Bosti-Contini, nel palazzo della suocera dei boss dell'Alleanza di Secondigliano, Ninella Aieta. 

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Da quella indagine sulle statue del '600, che ha messo in luce anche torbidi rapporti tra pezzi di clero e pezzi di camorra, è stato poi possibile risalire a tutta la distorta vocazione degli appartenenti al sistema dei clan. Gli altarini nascono infatti come strumentale celebrazione di figure criminali, ma anche per manifestare il controllo del territorio da parte dei personaggi apicali dei clan. In una mano la corona del Rosario nell'altra la pistola.

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