Morì durante il trasferimento in ospedale, la Asl: «La bombola d'ossigeno era carica»

Morì durante il trasferimento in ospedale, la Asl: «La bombola d'ossigeno era carica»
di Fiorangela d'Amora
Mercoledì 15 Settembre 2021, 07:00 - Ultimo agg. 20:11
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Aveva fame d'aria ed è morto chiedendo aiuto, quello sguardo perso e impaurito è l'ultima scena che i familiari non dimenticheranno mai. «L'ambulanza aveva personale non adeguato e la bombola di ossigeno era vuota» avevano denunciato i parenti di Aniello Vicidomini, originario di Casola, poche ore dopo la morte avvenuta al Cardarelli, dove l'uomo era stato trasferito dal San Leonardo di Castellammare.

I familiari sostengono che si tratti di un caso di malasanità e chiedono giustizia. Ma la versione della Asl Napoli 3 Sud e del Cardarelli è diversa, secondo quanto emerge dalla risposta che la direzione generale per la tutela della salute della Regione ha fornito a una interrogazione del consigliere regionale dei Verdi Francesco Borrelli. «Le bombole erano funzionanti e il paziente non era in condizioni critiche», sostengono la direzione sanitaria del San Leonardo e il responsabile della cooperativa che in convenzione con l'Asl Napoli 3 Sud era addetta al trasporto in ambulanza del paziente.

Dopo quel tragico 30 luglio, Borrelli aveva presentato una interrogazione perchè fossero chiarite tutte le circostanze della vicenda, e soprattutto se a bordo dell'ambulanza vi fosse personale qualificato e se la bombola d'ossigeno fosse carica. Nella risposta, la Regione ricostruisce quelle drammatiche ore. Il responsabile del Pronto soccorso del San Leonardo, Giuseppe Aiello, nella sua relazione riferisce «di aver stabilizzato il paziente», che presentava «insufficienza respiratoria ed era affetto da pregressa fibrosi polmonare», e di averne disposto il trasferimento al Cardarelli». Il racconto prosegue con le parole di Gaetano Auricchio, medico responsabile dell'associazione soccorso San Gennaro che gestisce le ambulanze in convenzione. «Durante il tragitto - relazionerà il personale a bordo - il paziente non ha mostrato la necessità di ventilazione forzata ma solo di somministrazione di ossigeno per cui gli è stato applicato il sensore fisso per il monitoraggio continuo del livello di ossigeno nel sangue». 

Una volta arrivati al Pronto soccorso del Cardarelli, il paziente, sempre munito della maschera di ossigeno, è stato sottoposto a triage per poi essere trasferito, sempre in ambulanza al reparto di Pneumologia del padiglione Palermo.

Ma improvvisamente qualcosa non va. L'infermiere, si legge nella risposta alla interrogazione, nota che «il paziente manifesta una marcata dispnea» per cui viene «aumentato il flusso di erogazione del bombolino portatile», recandosi poi velocemente verso la medicheria per «collegare il paziente ad altra bombola di maggiori dimensioni». Ma purtroppo le condizioni del paziente si aggravano. Vicidomini muore dopo circa 30 minuti di tentativi di manovre di rianimazione. Nella risposta alla interrogazione, si legge anche che l'erogatore di ossigeno dell'ambulanza era «perfettamente funzionato», come avrebbe rivelato la polizia, e che il bombolino portatile era ancora carico all'arrivo nel reparto di Pneumologia. 

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Ma questa versione non convince il figlio e i nipoti di Aniello Vicidomini, che erano lì con lui. «Ciò che desta sconcerto sono le dichiarazioni fantasiose dell'infermiere dell'ambulanza - spiega Michele Inserra, nipote del defunto -. In quei pochi minuti che separano il Pronto soccorso del Cardarelli dal padiglione Palermo si è consumata la tragedia. Quando zio è uscito in barella dall'ambulanza aveva già un volto cadaverico. Eravamo presenti io e mio cugino. All'infermiere e al medico abbiamo fatto presente che zio era in difficoltà respiratorie, tanto che li avevamo invitati a cambiare la bombola d'ossigeno visto che non sentivamo il rumore del flusso. Il personale sanitario dell'ambulanza ha perso altro tempo nonostante i nostri ripetuti solleciti a fornire ulteriore ossigeno. Facciamo presto, è l'unica cosa che dicevano».

Tutti aspetti che saranno analizzati anche dai periti di parte. «Se mio zio non era in condizioni critiche - conclude Inserra - come è deceduto? Nel tragitto non è intervenuto nessun fattore scatenante, ma quando è sceso dall'ambulanza aveva un volto cadaverico e cercava aiuto». 

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