Pescivendolo ucciso a Boscoreale, la moglie chiede giustizia: «Killer in fuga da 4 mesi»

Pescivendolo ucciso a Boscoreale, la moglie chiede giustizia: «Killer in fuga da 4 mesi»
di Dario Sautto
Sabato 23 Aprile 2022, 23:57 - Ultimo agg. 24 Aprile, 10:01
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«A casa ci inganniamo, pensando che Antonio sia andato dalla zia. Al negozio, invece, ci illudiamo che sia solo uscito a fare una consegna. In realtà ogni giorno, da quattro mesi, quando siamo qui in pescheria riviviamo quei momenti, restiamo con un nodo in gola e guardiamo le foto. Ora vogliamo solo giustizia perché Antonio non meritava quel che gli è successo e chi l’ha ucciso deve pagare». Maria è la vedova di Antonio Morione, il commerciante ucciso nel corso di un tentativo di rapina all’interno della sua pescheria di via Giovanni Della Rocca a Boscoreale lo scorso 23 dicembre, a meno di tre ore dalla Vigilia di Natale. Quattro mesi sono trascorsi da quella maledetta sera e anche l’orologio del negozio è fermo: «Le lancette si sono bloccate mentre quell’uomo sparava, da allora segnano l’orario della morte di Antonio». La scena, tremenda, che Maria e i suoi figli rivivono davanti agli occhi sembra quella di un triste film. Un’auto che parcheggia, come se qualcuno dovesse comprare le vongole. Un bandito che entra dalla porta secondaria del negozio e punta la pistola contro la figlia minorenne di Antonio. Lui che, con calma, attira il rapinatore verso di sé. «Vieni qui, ho io quello che ti serve». Mentre l’uomo armato si muove nel negozio, Antonio va fuori, impugna un coltellaccio e squarcia la ruota dell’auto con a bordo i complici. Questo gesto provoca la reazione del rapinatore che si trasforma in assassino.

«Era ormai a centro strada, a piedi, quando si è girato ed ha sparato diversi colpi in aria. Poi ha preso la mira e ha sparato un solo colpo» racconta Maria. Un solo proiettile, che raggiunge Antonio Morione al volto, esce dalla guancia e si conficca nel muro, dopo aver bucato un pannello di plastica. Un film che Maria, il figlio Teddy e le due ragazzine rivedono tutti i giorni davanti agli occhi.

Erano tutti presenti nel negozio quella sera: doveva essere una festa e invece si trasformò in tragedia. «Papà è caduto a faccia a terra, pensavamo si fosse sentito male» racconta la figlia di Antonio, che tra qualche settimana compirà 18 anni, ma che non vuole festeggiare. «Ho disdetto il ristorante che aveva prenotato papà, senza di lui non ha senso». Proprio ieri, la più piccola – ha solo 13 anni – è tornata nel negozio. «Prima era sempre qui il sabato, doveva stare con il papà. Lo accompagnava addirittura al mercato e nelle consegne» spiega Maria. 

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Da quella sera sono trascorsi centoventi giorni, durante i quali le indagini non si sono mai fermate. In prima linea c’è lo stesso pool di investigatori della sezione operativa della compagnia carabinieri di Torre Annunziata, coordinati dalla Procura oplontina (procuratore Nunzio Fragliasso, sostituti Giuliana Moccia e Andreana Ambrosino) che ha risolto l’omicidio di Maurizio Cerrato. I rilievi dei Ris di Roma hanno permesso di ricostruire l’esatta traiettoria dei proiettili e la via di fuga percorsa dai killer, che raggiunsero il Piano Napoli di Boscoreale e diedero fuoco alla Fiat 500 rubata, per poi dileguarsi. Cappellino nero e mascherina, non ci sono telecamere in zona e il killer non è stato riconosciuto dai testimoni, ma gli inquirenti da mesi hanno raccolto indizi precisi sul suo conto.

 

«Non possiamo che attendere con tanta fiducia il lavoro della magistratura – dice l’avvocato Giuseppe De Luca, che rappresenta la famiglia Morione – per rendere giustizia a un intero nucleo familiare che ha perso una parte di sé». «Quella sera sono morta anch’io – ribadisce Maria - ma noi tutti andiamo avanti perché Antonio e i miei figli devono avere giustizia. Non voglio che Antonio venga dimenticato. Ogni volta che sento una sirena dei carabinieri spero sia quella giusta. È vero, non vivremo meglio, ma qualcuno deve pagare. Perché un commerciante che sta lavorando deve fare quella fine? Me lo chiedo tutti i giorni, non riesco a capacitarmi». Il 19 aprile, Maria era in piazza a Torre Annunziata con Tania, vedova Cerrato: «Sì, perché solo chi ha provato il tuo stesso dolore può capirti». 

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